L’autorità giudiziaria vaticana ha ritirato l’ordine d’arresto emesso nei confronti di Cecilia Marogna, la 39enne manager cagliaritana divenuta nota come la “dama del cardinale” per i suoi rapporti, in qualità di consulente in relazioni diplomatiche, con l’ex numero due della Segreteria di Stato vaticana, il cardinale Angelo Becciu (leggi l’articolo), al centro degli scandali che hanno investito la Santa Sede nei mesi scorsi. Nei confronti della Marogna, arrestata a Milano a ottobre dalla Guardia Finanza (leggi l’articolo), gli inquirenti del Vaticano avevano emesso un mandato di cattura internazionale attivando l’Interpol e attivato una rogatoria verso l’Italia.
“Il Giudice istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano – ha fatto sapere oggi una nota della Santa Sede -, accogliendo l’istanza formulata dall’Ufficio del Promotore di Giustizia, ha revocato la misura cautelare a suo tempo disposta nei confronti della Sig.ra Cecilia Marogna, a carico della quale è di imminente celebrazione il giudizio per un’ipotesi di peculato commesso in concorso con altri. L’iniziativa intende, tra l’altro, consentire all’imputata – che ha già rifiutato di difendersi disertando l’interrogatorio dinanzi all’Autorità giudiziaria italiana, richiesto in via rogatoriale dal Promotore di Giustizia – di partecipare al processo in Vaticano, libera dalla pendenza di misura cautelare nei suoi confronti”.
Secondo le accuse mossa dagli inquirenti vaticani, la 39enne, titolare di una società di missioni umanitarie con sede in Slovenia, avrebbe ricevuto 500mila euro dalla Segreteria di Stato e per diretta volontà di Becciu. Denaro elargito in quattro tranche alla donna, ritenuta esperta di questioni geopolitiche e mediazioni internazionali, e che ufficialmente doveva servire per sostenere missioni umanitarie – alcune anche top secret – in Africa e in Asia come la conduzione delle trattative per la liberazione di missionari rapiti.
Peccato che per le autorità vaticane le cose non sarebbero andate del tutto così. Anzi, scandagliando i conti della donna, sarebbe emerso che quasi la metà di quei soldi, sempre stando alle ricostruzioni degli inquirenti, sarebbe stata utilizzata per scopi assai meno nobili come l’acquisto di borsette, cosmetici, beni di lusso e, più in generale, per rifarsi l’intero guardaroba.