Un taglio dietro l’altro. Per le pensioni da anni in Italia l’adeguamento all’inflazione, previsto dalla legge, non scatta a pieno. L’ultima dimostrazione è arrivata con la scorsa manovra, quando il governo Meloni ha deciso di tagliare gli aumenti previsti per gli assegni superiori a quattro volte il minimo.
Anche per il 2024 il governo sembra intenzionato a confermare questo taglio e anche per questo motivo la Cida lancia una petizione per difendere il sistema previdenziale. Partendo da un presupposto: “In Italia oggi il 13% dei contribuenti ha un reddito, da lavoro o da pensione, da 35mila euro lordi in su e si fa carico di circa il 60% di tutta l’Irpef. Un peso economico per il ceto medio che si aggrava negli anni”. E che peserebbe di più sui pensionati che si vedono ridurre gli aumenti spettanti.
Pensioni, quanto costa la mancata rivalutazione degli assegni
Secondo i dati della Cida, in un quarto di secolo le pensioni dei dirigenti e di chi ha un assegno superiore a 4 o 5 volte il minimo, hanno subito cinque contributi di solidarietà, 10 blocchi perequativi e in 30 anni queste persone hanno perso più di un quarto del potere d’acquisto.
L’ultima mancata rivalutazione degli assegni, quella del 2023, ha comportato per le pensioni superiori a 2.250 euro netti una riduzione tra il 7,5% e il 9% in termini di potere d’acquisto. Se questo calcolo si fa su dieci anni, vuol che dire che “ai pensionati sono scippati 40 miliardi di euro per il mancato adeguamento della pensione all’inflazione nel 2023”.
Se si facesse la stessa operazione nel 2024, come sembra probabile, si salirebbe addirittura a 60 miliardi, secondo quanto denuncia la Cida. Stefano Cuzzilla, presidente Cida, lancia quindi una petizione in difesa delle pensioni del ceto medio, chiedendo al governo di “adottare provvedimenti strutturali e lungimiranti per una visione di Paese più equa e giusta”.
Alberto Brambilla, presidente Centro studi e ricerche itinerari previdenziali, sottolinea come la politica continui a “pensare di risparmiare attraverso la mancata indicizzazione delle pensioni di importo medio-alto, trovando invece sempre risorse per l’ampliamento delle prestazioni assistenziali”.