Il sottosegretario ai Trasporti, Armando Siri, è indagato per corruzione nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Roma. Secondo l’accusa l’esponente leghista del governo, tramite Francesco Paolo Arata, docente universitario ed ex deputato di Forza Italia, già responsabile del programma del Carroccio sull’Ambiente, avrebbe ricevuto denaro per modificare un norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma mai approvata, però.
Arata, che risponde di concorso in corruzione, è indagato anche a Palermo nel filone principale dell’inchiesta per corruzione e intestazione fittizia di beni. Secondo i pm siciliani sarebbe stato in affari con l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Per i magistrati del capoluogo siciliano Siri non sarebbe stato però a conoscenza dei legami tra l’imprenditore mafioso e Arata.
Nel filone siciliano dell’inchiesta, che a Roma coinvolge il sottosegretario Siri, sono indagate altre 8 persone. Si tratta dello stesso imprenditore alcamese Vito Nicastri e del figlio Manlio, di Francesco Paolo Arata e del figlio Paolo Franco Arata, dell’imprenditore Francesco Isca, del funzionario dell’assessorato all’Energia della Regione siciliana, Giacomo Causarano, dell’ex funzionario del Dipartimento Energia della Regione siciliana, Alberto Tinnirello, e del funzionario del Comune di Calatafimi, Angelo Giuseppe Mistretta.
“Non so niente. Non ho idea, non so di cosa si tratti. Devo prima leggere e capire. Ho letto di nomi che non so”, ha detto il sottosegretario. “Sicuramente – ha aggiunto Siri – non c’entro niente con vicende che possano avere risvolti penali. Mi sono sempre comportato nel rispetto delle leggi. Sono tranquillo”.
“Sarebbe opportuno che il sottosegretario Siri si dimetta” ha commentato il vicepremier Luigi Di Maio. “Gli auguro di risultare innocente – ha aggiunto il leader del M5S – e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita”.
“Non so se Salvini sia d’accordo con questa mia linea intransigente – ha aggiunto Di Maio -, ma è mio dovere tutelare il governo e l’integrità delle istituzioni. Un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto grave. Non è più una questione tecnica giuridica ma morale e politica. Va bene rispettare i tre gradi di giudizio, ma qui la questione è morale. Ma se i fatti dovessero essere questi è chiaro che Siri dovrebbe dimettersi”.
“L’ho sentito oggi, l’ha letto dai giornali, è assurdo. Lo conosco, lo stimo, non ho dubbio alcuno, peraltro stiamo parlando di qualcosa che non è finito neanche nel Def”, ha commentato invece il leader della Lega, Matteo Salvini. “E’ una persona pulita, specchiata, integra e onesta. Mi auguro – ha aggiunto il vicepremier – che le indagini siano veloci e rapide per accertare se altri hanno sbagliato. Per quanto mi riguarda può restare a continuare il suo lavoro”.
Il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, alla luce del coinvolgimento di Siri nelle inchieste di Palermo e Roma ha ritirato le deleghe al sottosegretario della Lega. Siri, tuttavia, ha annunciato che non intende dimettersi: “Non ho fatto niente”.