Anche stavolta sappiamo come andrà a finire. Semplicemente con un nulla di fatto. In fondo, tutto è consentito se pensiamo al caso Gasparri, che può essere senatore e allo stesso tempo presidente di una società di cybersicurezza senza che nessuno, a Palazzo Madama, se ne preoccupi. Difficilmente questa volta le cose andranno diversamente, anche se la persona coinvolta è il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. Che, come racconta il Fatto quotidiano, fa utilizzare ai suoi collaboratori il logo del Senato per chiedere pubblicità per il Riformista.
Renzi, ricordiamo, è direttore del giornale, che fa capo allo stesso editore dell’Unità. E cosa fa il capo della segreteria particolare di Renzi? Invia mail alle aziende per chiedere di sponsorizzare, con una pubblicità, questi giornali.
Le mail dello staff di Renzi per la pubblicità sul Riformista
Come racconta il Fatto, dalla sua segreteria vengono inviate mail “per conto del senatore Renzi”. Nel testo ci si rivolge a una persona, “avendo avuto il suo contatto dall’onorevole Maria Elena Boschi”. Da qui si sposta il discorso sul Riformista, giornale diretto da Renzi.
La mail parte dalla casella di posta di una collaboratrice di Renzi che si qualifica come capo della segreteria particolare. E la mail contiene il logo del Senato, la S bordata. Usato, però, per inviare una richiesta commerciale per una società privata. Nella richiesta si parla del Riformista e si chiede un contatto per capire “le vostre esigenze”. Andando avanti con l’ipotesi di un “piano pubblicitario personalizzato”, assicurando in cambio “una visibilità ottimale”. Con la possibilità, peraltro, di “diversificare le eventuali uscite”. E qui entra in gioca l’Unità, giornale dello stesso editore, Alfredo Romeo.
La replica e il precedente
Al Fatto Renzi replica spiegando che chiunque lavori con lui è “autorizzato a chiedere pubblicità per il mio giornale alle persone che conosce”. Anche se afferma di non sapere nulla della “mail in questione”. A suo giudizio, comunque, la collaboratrice ha usato il logo del Senato perché lavora come “segretaria al Senato” e ha usato il suo account personale. Nulla di strano per Renzi, insomma.
Anche se ci si chiede se il logo del Senato possa essere utilizzato per iniziative pubblicitarie private. Tanto più che i senatori, in teoria, non potrebbero associare la loro identità all’istituzione per messaggi non in linea con l’immagine del Senato. Certo è che difficilmente la questione verrà approfondita, come dimostra anche il caso Gasparri.
D’altronde se va bene essere senatore e presidente di una società di cybersicurezza, senza neanche comunicarlo, difficilmente questo può essere un grosso problema. Il caso di Gasparri sembra svanito nel nulla. Come racconta sempre il Fatto, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, riterrebbe di non dover approfondire la questione e valutare eventuali sanzioni.
La giunta per le elezioni si è già espressa sull’eventuale incompatibilità, ritenuta non esistente. Ma tanto a decidere era la maggioranza di destra. Il consiglio di presidenza, invece, non ha mai neanche discusso della mancata comunicazione di Gasparri. A La Russa, in fondo, è bastata una lettera di giustificazione e la decisione di Gasparri di dimettersi da vicepresidente per andare a fare il capogruppo di Forza Italia.