In Italia, e non solo in Italia, si è acceso un grande interesse mediatico su Amazon ed è normale che sia così considerando il ruolo che la piattaforma di commercio on line ha avuto ed ha nel quadro delle emergenze create dalla pandemia da coronavirus. Più di un lettore mi chiede al riguardo di replicare le considerazioni già fatte sul tema da questa Rubrica. Allora, per dare un’idea, le vendite di Amazon solo nel primo trimestre dell’anno in corso sono state pari a 75 miliardi di dollari (erano state 60 miliardi nel 2019) ed il titolo alla Borsa di New York si è apprezzato di + 28%; nei due mesi successivi si è apprezzato di un ulteriore + 45% ed a ieri la capitalizzazione di Borsa di Amazon ha superato i 1.620 miliardi di dollari (oltre tre volte la capitalizzazione di tutte le quotate a Piazza Affari messe insieme); conseguentemente Jeff Bezos (capo, proprietario e guru della società di Seattle, nella foto) si è ancoro più consolidato come l’uomo più ricco del mondo.
Amazon viene criticata sotto molti punti di vista: perché non paga le tasse nei paesi dove percepisce redditi; perché ucciderebbe, con tecniche poco chiare, la concorrenza; perché raccoglie, ben più di Google e Facebook, così tanti dati personali della propria clientela da essere, in potenza, il vero Grande Fratello. La realtà è che Amazon il ruolo vincente e dominante che ha assunto oggi lo ha conquistato sul mercato intercettando una domanda inespressa ma autentica attraverso la realizzazione di un servizio di vendita “globale” a domicilio estremamente efficace e, sostanzialmente, a basso costo. Un modello di business, questo, fortemente voluto da Bezos fin da quando, agli albori della sua storia (nella metà degli anni ’90), Amazon era solo una libreria on line.
In un suo recente saggio (pubblicato in Italia dalla rivista Aspenia) il politologo americano Ian Bremmer sottolinea come le due più grandi tech-company del mondo, Amazon ed Apple, abbiano una visione strategica molto diversa, addirittura opposta. Apple vuole essere, e restare, il campione globale dell’elettronica di alta gamma (prodotti dal design esclusivo: difesa ad oltranza della privacy e della sicurezza del “cloud” costi quel che costi); insomma Apple punta alle elite (qualunque cosa esse siano) mondiali che non badano al prezzo del prodotto. Amazon invece punta a dominare i dati e la logistica necessari a gestire il commercio al dettaglio di beni a basso costo in Occidente.
Insomma il suo target è il consumo di massa di beni economici , puntando su una classe media e medio bassa che, prima, la crisi economica dello scorso decennio di questo secolo e poi la devastante emergenza da pandemia, ha sempre più allargato, impoverito e reso fragile. Questi i due modelli di business tenderanno ad accentuarsi sia per motivi tecnici (il passaggio dal web “classico” all’Internet delle cose) sia per motivi economici (l’ampliarsi – causa pandemia e non solo – dei settori sussidiati dall’intervento pubblico). Insomma al crescere delle diseguaglianze socio-economiche, il modello di Apple si rivolge sempre più direttamente ai pochi privilegiati quello di Amazon va verso i molti sussidiati;” nella recessione geopolitica che ci attende – conclude Bremmer – il modello vincente sembra sicuramente quello di Amazon, non certo quello di Apple”