di Marco Castoro
Anche Giorgia Meloni l’ha confermato: la messa in liquidazione del quotidiano il Secolo d’Italia si fa sempre più insistente. La testata storica di An e della destra, di cui la Fondazione Alleanza Nazionale è editore, è a un passo dalla chiusura. «Una chiusura o un forte ridimensionamento sarebbero assolutamente censurabili, anche alla luce della Fondazione», ha detto l’ex ministro di Fratelli d’Italia. L’appello per scongiurare la chiusura della testata online è stato sottoscritto da circa 200 tra parlamentari, giornalisti e uomini di cultura di tutti gli orientamenti politici. Come ha spiegato il direttore della testata Marcello De Angelis, la Fondazione An possiede un patrimonio di oltre 40 milioni di euro e «sarebbe assolutamente inaccettabile che parte di questi beni non venissero utilizzati per garantire la sopravvivenza della storica testata». Il Secolo è solo online dall’inizio dell’anno e dopo le elezioni sono rientrati dall’aspettativa 5 deputati non rieletti (Landolfi, Bocchino, Moffa, Malgeri e Sottile). Lo stato di crisi dei poligrafici li ha ridotti a 3 unità e ora la redazione chiede perché l’ad non chieda lo stato di solidarietà piuttosto che la messa in liquidazione. I maligni dicono che dietro all’operazione ci possa essere una cooperativa vicina a Italo Bocchino che scrive sul Secolo con lo pseudonimo di Oreste Martino (come anticipato da La Notizia). I timori della redazione riguardano anche la possibilità che il giornale possa chiudere e licenziare gli attuali 18 giornalisti (13 più i 5 ex deputati) per poi riaprire con un organico diverso. Anche perché settembre (il mese in cui arrivano i soldi del finanziamento pubblico) è vicino e questa volta pare proprio che la Fondazione non voglia scucire un centesimo.