“Sono a favore in modo chiaro di un salario minimo prima a 14 euro, e poi con un passo successivo a 15”. In un’intervista al settimanale “Stern”, uscita ieri, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha aperto – per la prima volta – a un significativo aumento della retribuzione minima oraria, che in Germania è attualmente fissata a 12,41 euro. Fu il governo di Angela Merkel, nel 2014, a introdurre questa misura partendo da 8,50 euro l’ora, tra il favore dei socialdemocratici e lo scetticismo della Cdu della stessa cancelliera che temeva una serie di conseguenze negative sul mercato del lavoro, a cominciare dalla perdita di occupati.
Nulla di tutto ciò è avvenuto. Anzi, una ricerca della Harvard University (2021) ha rilevato come il pil tedesco sia cresciuto del 20% e il numero di impiegati sia passato da 41,5 milioni a 43,6 milioni. Insieme ad Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia, l’Italia è – come noto – fra i 5 Paesi europei privi di un salario minimo fissato per legge. Mentre in ognuno di questi, però, fra il 1990 e il 2020 i salari medi annuali sono aumentati (Austria +24,9%, Danimarca +38,7%, Finlandia +31,8% e Svezia +63%), da noi nello stesso arco temporale sono diminuiti del 2,9%. Unico caso fra gli Stati Ocse. La situazione non è migliorata negli ultimi anni.
Proprio ieri, “Milano Finanza” ha anticipato uno studio di Unicredit che rivela come, fra il IV trimestre 2019 e il 2023, in Italia la retribuzione reale per dipendente è scesa dell’8% contro un -3% medio dell’Eurozona. A pesare, ha spiegato a “MF” il capo globale della ricerca della banca, Marco Valli, sono state “rivendicazioni salariali relativamente contenute, un processo scaglionato di rinnovo dei contratti” (a fine marzo 2024 c’erano ancora 36 contratti collettivi scaduti per un totale di circa 4,6 milioni di dipendenti coinvolti, ndr) e, dulcis in fundo, “l’assenza di un salario minimo”. Insomma: la pandemia e la guerra in Ucraina hanno ulteriormente aggravato il quadro. Ma non per tutti.
Di recente infatti Eurofound ha constatato che nell’ultimo anno, nei Paesi che hanno già adottato tale provvedimento, le retribuzioni nominali hanno fatto un balzo in avanti, arrivando – in taluni casi – a quadruplicare l’aumento dell’inflazione. Qualche esempio: Polonia +21,5% (inflazione al 6,2%), Croazia +20% (inflazione al 5,4%), Portogallo +7,9% (inflazione all’1,9%) e Paesi Bassi +6,9% (inflazione all’1%). Il 30 aprile scorso le principali forze di opposizione hanno rilanciato la loro battaglia sul salario minimo, depositando in Cassazione una pdl di iniziativa popolare su cui ora saranno raccolte le firme. “Non arretreremo di un millimetro” ha assicurato ieri il leader del M5S, Giuseppe Conte, intervenendo a un evento promosso dalla vicepresidente del Senato Mariolina Castellone. Maggioranza e governo faranno ancora finta di niente?