Chi voleva la testa del leader, del capo politico del Movimento, Luigi Di Maio è stato servito. Come in una tragica rappresentazione biblica Salomè ha avuto il suo tributo ma non è affatto detto che la storia sia finita qui. Di Maio si è dimesso per una questione di logoramento dovuto alle perdite regionali (8/8 finora) che hanno portato il movimento ha un drastico calo di consensi dopo l’exploit elettorale del 2018 che lo incoronò primo partito.
Lo ha fatto prima delle regionali in Emilia Romagna e in Calabria mentre Grillo gli chiedeva di aspettare ma anche questo è capibile visto che lui non voleva partecipare.
Detto questo c’è anche da ricordare che Di Maio, il più giovane vicepresidente della Camera a 26 anni, ha fatto molto: reddito di cittadinanza, taglio dei parlamentari (su cui incombe un referendum costituzionale), riforma della prescrizione, tentato ritiro della concessione autostradale ai Benetton, mediazione in Libia. Per questo c’è più di una sensazione che l’abdicazione non sia definitiva ed anzi agli Stati generali del Movimento convocati per l’inizio del prossimo marzo a Torino potremmo assistere ad un ritorno o quantomeno alla costituzione di un’area politica nei Cinque Stelle.
Certo il ministro ha rimandato al dopo la scelta di chi guiderà il Movimento (attualmente il reggente pro tempore è Vito Crimi) ma proprio gli Stati Generali segneranno quella “nuova fase” di cui ha parlato nel suo discorso “della cravatta e dei sassolini” di mercoledì scorso. Il compito di organizzare l’incontro di Torino è affidato all’ex ministro Danilo Toninelli e resta ancora da capire un punto fondamentale: quali saranno i meccanismi e le regole che ne delimiteranno il perimetro politico. Infatti, come noto, il diavolo si nasconde nei dettagli, e se da Torino dovrà rinascere l’araba fenice del Movimento saranno proprio le regole a dargli forma e sostanza.
Inutile nascondersi dietro a un dito, quello di Torino sarà una sorta di primo “congresso” per il M5S e la città non è scelta a caso visto che la sindaca Chiara Appendino è stata più volta indicata dallo stesso Di Maio come possibile controparte femminile alla guida del movimento.