Lo abbiamo ampiamente constatato con la controversa questione-Covid. Il setting dell’informazione, centralizzata sul solito tema negli ultimi mesi, è diventato pura setticemia, ferita senza sutura, senza cerotti, senza antibiotici, un flusso emorragico di idee, micrologie e settarismi che, tra carta stampata format tv e una comunicazione istituzionale terribile che continua ad essere il volto sfregiato dell’incapacità politica, hanno confuso e letteralmente cremato l’opinione pubblica. La post-truth, la post-verità si è trasformata in una frost-truth: raggelata ski-lift di sbarco e scivolamento continuo di parole e stimoli visivi per il pubblico da casa, senza che nessuna fiamma potesse sbrinarla, scioglierla e rivolgerla verso altri approdi giornalistici, o altre ipotesi di lettura dell’argomento eletto a Totem.
O verso un banale conforto per la platea di ascoltatori e lettori che sono innanzitutto persone da abituare con step psicologici diversi e progressivi, mai pressori e incubanti, alla crudezza di un’amara realtà, non solo target di una disruption sensoriale che si abbatte sulle loro teste, i loro cuori, il loro già incupito senso della vita. Ci spiega benissimo questa mutazione linguistica e filosofica del dire pubblico il professor Fausto Colombo in Ecologia dei media. Manifesto per una comunicazione gentile (Vita e Pensiero, pagg. 108, euro 13), testo agile, bello, istruttivo che mette il dito sulla piaga dell’informazione oggi: l’abdicazione, si spera non irreversibile, ad una parola che sia sforzo di rappresentazione fedele e plurivoco del reale, perché solo così l’interlocutore non è piattaforma di incidenza di una forma discorsiva propagandistica consumistica o manipolatoria, ma un cittadino e un uomo portatore di diritti che fa parte di una “comunità di destino”.
L’evento nodale di questa metamorfosi è senza meno essere passati negli ultimi dieci anni circa dalla notiziabilità di un fatto alla sua capacità di emozionabilità del fruitore che, in base alle superconduttività di dati, è trasformato – ci spiega bene il noto sociologo – in relè da galvanizzare, pila da caricare, terminale da far squillare, fusibile da medio voltaggio, in una macchina che incamera dati, quando non li offre egli stesso sottoforma di involontaria profilazione, e che acquista servizi. La filantropia decede, i filamenti socio-elettrici resistono, ed è qui che alligna il vero potere oggi.
Quella mediazione operata prima dagli storici soggetti critici ed educativi legati alla verità e alla attendibilità dei saperi, oggi è praticata da meccanismi automatici dell’attenzione e del profitto, praticati dai media di massa, web e social in testa a tutti. Recuperare il parlar cortese, la gentilezza, la mitezza, la socievolezza conversativa – ci dice Colombo – è la vera sfida per abbattere l’”indifferenza alla qualità dei contenuti” e recuperare la verifica dei fatti e delle tesi che naturaliter significa rispetto del vicino dialogante.