Se qualcuno credeva che il Riesame avrebbe picconato l’inchiesta sulla Fondazione Open, è destinato a restare deluso. Già perché nelle motivazioni della decisione con cui il Tribunale della Libertà di Firenze ha rigettato il ricorso contro i sequestri di documenti e computer, del 26 novembre scorso, a carico dell’imprenditore Marco Carrai (nella foto), indagato per finanziamento illecito ai partiti, non sembra esserci alcuno spiraglio che possa incrinare l’inchiesta riguardante la fondazione dell’ex premier Matteo Renzi.
Anzi, sfogliando le pagine del provvedimento, emerge come il Riesame abbia più che confermato le tesi della Procura di Firenze, al cui vertice c’è il procuratore Giuseppe Creazzo. Secondo i giudici, la Fondazione Open “appare aver agito, a prescindere dal suo scopo istituzionale, quale articolazione di partito”. Una deduzione che deriva dal fatto che questa “ha rimborsato spese a parlamentari e ha messo a loro disposizione carte di credito e bancomat”. Non solo. Stando a quanto messo nero su bianco dai giudici del Riesame: “Gli esiti dell’attività investigativa svolta evidenziano significativi intrecci tra prestazioni professionali rese dall’avvocato Bianchi e da suoi collaboratori e finanziamenti alla Fondazione Open”.
Per questo, conclude il dispositivo firmato dal Tribunale della Libertà: “Risultava necessario, al fine di compiutamente vagliare le condotte attribuite all’indagato” Carrai, “accertare quali fossero stati, nel dettaglio, i rapporti instauratisi tra Fondazione Open e i soggetti finanziatori di tale Fondazione”.