La Rete e “l’intelligenza artificiale” stanno cambiando il nostro quotidiano anche perché stanno cambiando tutta una serie di attività che sinora erano state dominio esclusivo dei rapporti umani diretti; ne è esempio paradigmatico il settore della selezione delle risorse umane. Esistono infatti già ora svariati software che permettono di rendere più semplici, validi ed efficaci le ricerche di personale e ci sono tutta una serie di start-ups (tra queste Gild, Entelo, Doxa e GapJumpers) che stanno proponendo la possibilità di automatizzare la selezione e l’assunzione di personale per imprese ed enti.
L’idea comune (anche se declinata in maniera diversa dalle varie società) è quella di definire algoritmi che, come un motore di ricerca, incrocino in maniera sempre più efficiente ed oggettiva le necessità evidenziate dalle imprese con le caratteristiche dei potenziali candidati. Un compito questo per cui da sempre si è ritenuto indispensabile l’intervento umano canalizzato attraverso tutto un mondo di società di “cacciatori di teste” che, nel corso degli anni, hanno acquisito una invidiabile rendita di posizione e ruolo sempre crescente nelle strategie aziendali.
Ora i pionieri della nuova tecnologia ci dicono che l’intervento umano non consente la più efficiente delle selezioni perché è impossibile ottenere valutazioni al netto di “bias” (pregiudizi) anche inconsci che finiscono per orientare le scelte (il candidato può avere degli amici in comune, venire dalle stesse scuole, amare gli stessi sports e così via). Tutto questo sarebbe superato se la procedura di ricerca e selezione fosse affidata ad un modello matematico applicato alla Rete. A chi esprime perplessità e resta dubbioso viene ricordata la parabola di Google che grazie al suo algoritmo è riuscito, davvero in pochi anni, a cambiare completamente l’attività di ricerca di informazioni virtualmente in ogni settore dello scibile umano.
Personalmente ritengo che le nuove proposte che vengono dagli Stati Uniti possono essere estremamente interessanti ma non credo possano completamente eliminare l’intervento dell’uomo nelle procedure di assunzione. L’algoritmo, infatti, può aiutarci a selezionare personale meglio e più in fretta di qualunque società di cacciatori di teste ma la decisione finale (assumere o no) non può che spettare a che gestisce le aziende. In questo caso Internet non ci renderebbe “più stupidi” (mi sia consentita la citazione dal mio libro “Internet ci rende più stupidi?” Class Editori)) ma, al contrario, ci aiuterebbe ad essere un po’ più accorti.