Che fosse volitivo lo aveva dimostrato nel duello avuto con Matteo Salvini. Col quale si consumò una rottura da cui non fu più possibile fare ritorno. Adesso che, sulla sua strada, si è messo di traverso un altro Matteo (Renzi) il premier Giuseppe Conte dà uguale prova di tenacia. Affila gli artigli e ribatte colpo su colpo. Il giorno dopo il più duro conflitto – tra Iv e premier – che si sia mai registrato da quando è nato il governo Conte bis, i toni si abbassano ma le distanze restano le stesse. Considerate le ultime esternazioni si può dire che continua il muro contro muro di Conte. Al “se il Premier vuole cacciarci, faccia pure”, pronunciato da Renzi, che sottintende una domanda (“mi vuoi cacciare?”) Conte replica con un’altra domanda: “Iv ci deve dire se vuole correre assieme a noi”. Con abilità rigetta la palla nella metà del campo avversario.
E fa goal quando, da Gioia Tauro, chiede: “Non ha detto niente Renzi del Sud? Cosa c’è di più importante oggi come notizia di un piano decennale per il Sud?”. L’ex segretario dem da giorni continua a punzecchiare il premier e i suoi alleati: “L’Italia rischia una crisi economica devastante, il governo deve cambiare passo”. L’avvocato chiarisce che le sue porte sono “aperte” e che il suo unico faro è il programma di governo – Agenda 2023 – a cui sta imprimendo una forte accelerazione con una proliferazione di tavoli tematici. La verità è che nessuno – almeno per ora – vuole aprire una crisi. Che – continuano a ripetere i dem – non avrebbe che un esito: il ritorno alle urne. Le truppe renziane non sono così compatte. Non tutti condividono la linea dura del leader. Non vogliono correre il rischio, tra taglio dei parlamentari in vigore e bassi sondaggi, di perdere il loro scranno. E diversi meditano di rientrare al Nazareno.
“La sensazione che ho è che tra alcuni colleghi di Iv ci sia disagio rispetto a questa posizione (sulla prescrizione ndr)”, dichiara la dem Alessia Morani. Non è un caso che almeno per ora Iv freni sulla mozione di sfiducia ad Alfonso Bonafede. E confermi la fiducia al Milleproroghe che si voterà la prossima settimana alla Camera (mentre al Senato è atteso il voto sul dl intercettazioni). Non solo. Fanno sapere che voteranno persino la riforma del processo penale, approvata dal Cdm senza i loro ministri, pur confermando la volontà nel passaggio parlamentare di modificare il lodo Conte bis che si trova dentro. E pur minacciando che voteranno il 24 alla Camera la proposta Costa (FI). Che Renzi pensi di sostituire il premier con un uomo del Pd come Roberto Gualtieri, attuale numero uno del Mef, o aspiri a un governo istituzionale con Mario Draghi premier è considerato dagli alleati alla stregua di sogni.
E solo nelle favole (molto meno nella vita reale) i sogni, che son desideri, diventano realtà. Pd, M5S e Leu fanno quadrato attorno a Conte e sono pronti a sostenerlo qualora decidesse di andare alle Camere per un test sulla fiducia all’esecutivo. Un drappello di responsabili sarebbe pronto ad andargli in soccorso. Ma è una strada piena di ostacoli. Conte lo sa, per questo non vuole forzare, per ora, la mano. Anche se nel caso di una sfiducia al Guardasigilli “sarebbe costretto a trarre le conseguenze”. Il senatore di FI Massimo Mallegni, additato tra “i responsabili”, nega: “Se insistono con questa storia li querelo perché mi sento diffamato”. “Io ho la responsabilità di governo e ho chiesto la fiducia per realizzare un programma. Che senso avrebbe lavorare ad un Conte ter?”, si chiede il premier.