Applausi, commozione, strette di mano, ma anche realismo e piedi per terra. Nella sua prima visita ufficiale in Italia, che come promesso è stata tra le zone terremotate del Centro Italia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non è caduto, come fatto in passato, nella facile retorica della “ricostruzione lampo” o nelle promesse lampo di casette pronte nel giro di una manciata di mesi. Conte, intrattenendosi con amministratori, enti, associazioni e semplici cittadini, è stato chiaro su un punto: “Non sono qui per promettere alcunché, però volevo rendermi conto, già da domani dobbiamo metterci a lavoro. C’è un decreto in discussione in Parlamento che sarà strategico per la ricostruzione. Purtroppo già da questi prima contatti mi rendo conto che la ricostruzione sarà molto difficile”. Un discorso chiaro. Brutale, forse. Ma sincero ed onesto. Ad ostacolare la ricostruzione, secondo il premier, “non è soltanto un problema finanziario. In Italia ancora una volta di più si conferma la necessità di operare una semplificazione sul piano burocratico. Ci sono dei passaggi che sono normativamente molto complessi – indica Conte – e alla fine diventano anche di difficile attuazione. Io ho una sensibilità, ho promesso solo che mi impegnerò con il Governo e con i ministri competenti perché si possa portare a casa un decreto che sia utile strumento per avviare i lavori di ricostruzione”. Parole condivisibili e condivise. Non è un caso che elogi al presidente del Consiglio sono arrivate da più parti. L’ex sindaco di Amatrice, emblema del terremoto, Sergio Pirozzi, dopo aver riconosciuto che “per sei mesi lo Stato ci ha abbandonato”, si è augurato che questo Governo duri perché “noi abbiamo bisogno di continuità. Oggi ci ha garantito cose concrete, e mi fa piacere perché è solo così che possono cambiare le cose”. Ed è per questa ragione che il consigliere regionale del Lazio ha consegnato a Conte una lista di urgenze di cui tener conto: dai provvedimenti che permettano ai possessori delle seconde case di andare in deroga alle norme vigenti, “così da consentirgli di dotarsi di casa provvisorie e tornare ad abitare qui”, fino alla necessità di restringere il Cratere, “prevedendo investimenti che diano la priorità a chi ha subito danni per oltre il 50%”. Ma apprezzamenti sono stati espressi anche da amministratori di area dem, a cominciare dal Governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che si è detto “fiducioso che ora si possa ingranare bene la marcia della ricostruzione”. Tradotto: finora – con la gesione Pd – si è fatto poco e male.
Situazione disperata – Dopo Amatrice, nel corso della giornata il premier ha fatto visita ad Accumoli e ad Arquata del Tronto. Realtà completamente devastate dal sisma. Basti pensare che, come denunciato da diversi cittadini, ancora non sono state portate via le macerie, nonostante siano trascorsi quasi due anni dalla prima violenta scossa per la quale morirono oltre 300 persone. Non solo. Gli ultimi dati resi noti dalla Protezione Civile sottolineano come ancora non siano state consegnate 342 casette (3.303 consegnate a fronte di una richiesta di 3.645). E il resto della ricostruzione? Quella pubblica procede a rilento: la prima opera pubblica è stata inaugurata lo scorso 10 maggio nel maceratese. Probabilmente due scuole saranno ultimate prima dell’estate. Troppo poco considerando che la lista di lavori conta 1.253 opere pubbliche, finora selezionate e finanziate tra Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria con quasi 1,7 miliardi di euro.