Ieri, in alcune regioni del Nord Italia, il ritorno della pioggia ha fatto tirare un sospiro di sollievo agli agricoltori, ma l’acqua caduta favorirà solo la semina. Per avere una situazione idrogeologica normale se riferita alla stagione, è stato calcolato che servirebbero quarantacinque giorni continui di pioggia mentre già oggi è tornato il sereno su gran parte delle zone interessate ieri da fenomeni piovosi.
In Lombardia è allarme siccità. Servirebbero quarantacinque giorni continui di pioggia. Il livello del Po è ai minimi storici
È in questo contesto che si inserisce l’allarme per la situazione del Po, il grande fiume italiano che scorre lungo 652 chilometri, toccando sette regioni e oltre tremila comuni italiani, dove il livello dell’acqua è ai minimi storici a causa di una siccità “estrema” (il grado più alto nella misurazione del fenomeno). Secondo il report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche, al rilevamento finale di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, la portata del fiume Po è scesa fino a toccare oltre 100 metri cubi al secondo in meno del minimo storico di aprile e ben al di sotto dei 450 metri cubo al secondo, considerati il limite sotto cui il fiume è inerme di fronte alla risalita del cuneo salino.
I laghi di Garda e Maggiore al 39% della capacità
Dati che nel 2022, uno degli anni considerati più siccitosi, vennero registrati solo il 4 giugno. L’ingressione salina sta già condizionando un’altra stagione agricola nel Delta polesano, i cui bracci sono colmi di acqua marina, che inquinano falde e terreni. La situazione del più grande fiume italiano è rappresentativa delle difficoltà in cui si trovano tutti gli altri corsi d’acqua del settentrione con i grandi laghi che hanno percentuali di riempimento del 39 per cento per il lago di Garda e il lago Maggiore fino ad appena al 21 per cento di quello di Como. Da registrare anche lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve nell’arco alpino ed appenninico.
Gli indicatori emersi ieri nel corso della seduta dell’Osservatorio Permanente sugli Utilizzi Idrici presso l’Autorità di bacino del Po che si è tenuta a Parma sottolineano che quello che più preoccupa è proprio il fatto che i dati più aggiornati risultano peggiori a quelli registrati nel 2022. Il mese di marzo è stato caratterizzato da temperature superiori ai valori di riferimento in particolare sulle aree a Nord del Po e con situazioni di chiara sofferenza sul basso Piemonte e sulla Romagna.
In termini di precipitazioni gli accumuli sono risultati pari o localmente superiori alle medie solamente sul crinale nord occidentale e nella parte più orientale del distretto, anche se le aspettative di piogge più consistenti, legate principalmente ai rovesci tipici del periodo primaverile, attese per la prima decade di aprile, sono andate deluse visto che le precipitazioni (ben al di sotto della pioggia cumulata nella media nel periodo con una mancanza di circa il 40%), unite ad improvvisi abbassamenti delle temperature che hanno causato diffuse gelate notturne, si sono rivelate comunque assai poco significative contribuendo ad una drastica riduzione dei deflussi nelle principali sezioni del Grande Fiume, che conta 141 affluenti.
Il contesto idrologico del Distretto, scrive l’Autorità di bacino del Po sul bollettino diramato ieri, “mostra evidenti segni di grave criticità per quasi tutti i settori coinvolti negli utilizzi”. Se il 2022 per il comparto idroelettrico si è dimostrato l’anno peggiore di sempre, il 2023 “non sembra, allo stato attuale, regalare nessun ottimismo per la produzione di energia”. Mentre l’Anbi rimarca “la situazione del Canale Emiliano-Romagnolo, che fornisce acqua all’agricoltura e all’acquedotto della Romagna: in località Palantone, dove si trova l’impianto del Cer, il Po ha raggiunto un livello tale da far scattare la soglia di preallarme per il funzionamento dell’impianto”.