E’ un magistrato che ha ricoperto importanti incarichi. Anche istituzionali. E proprio per questo, l’attacco di Santi Consolo (nella foto) al ministro della giustizia Alfonso Bonafede fa riflettere ancora di più. Soprattutto per la strumentalizzazione, in un momento così delicato per il Paese, della questione carceri. Utilizzata per trasformare le scarcerazioni dei mafiosi al 41bis durante l’emergenza Covid in colpe. Il tema carcerario, del resto, è il cavallo di battaglia dell’associazione “Nessuno Tocchi Caino” di cui Consolo è presidente onorario. Associazione che da anni è impegnata nel tentativo di demolire il regime del carcere duro.
LIBERI TUTTI. Fanno riflettere, dicevamo, le dichiarazioni all’AdnKronos dell’ex Capo del Dap. Secondo il quale su Bonafede sarebbe scesa un’ombra pesantissima dopo lo scontro con il magistrato Nino Di Matteo per la mancata nomina di quest’ultimo proprio al Dap, dice Consolo che spara sul guardasigilli affermando che nel confronto televisivo andato in onda a Non è l’Arena, condotto da Massimo Giletti su La7, Bonafede “non ha risposto a una sola domanda e questo denota l’enorme opacità del suo operato, se lui aveva un progetto di amministrazione dell’esecuzione penale che si identificava idealmente con l’operare del dottor Di Matteo, per quale ragione ha preferito uno sconosciuto magistrato (Francesco Basentini, ndr), del quale ancora non si conoscono i meriti? – afferma Consolo -. E’ nel suo potere discrezionale scegliere il capo del Dap, ma nel momento in cui esercita questo potere il ministro se ne deve assumere tutta la responsabilità. Quindi conseguenziale, alle dimissioni “spontanee”, come è stato più volte detto, di Basentini, dovevano conseguire le dimissioni spontanee, per una ragione di amor proprio e di dignità, anche di Bonafede”.
Spara a zero Consolo che fu braccio destro di Pietro Giammanco come sostituto procuratore al tribunale di Palermo, nominato e insediato appena dopo la strage di Capaci, ed ex componente del Csm. Oggi invece, come detto, è presidente onorario dell’associazione Nessuno tocchi Caino, guidata da Rita Bernardini insieme al segretario Sergio D’Elia, ex terrorista di Prima Linea dal passato un burrascoso che ha scontato 12 anni di carcere per banda armata e concorso morale in omicidio volontario. Tutti insieme a perorare, sempre e comunque, le ragioni dei detenuti.
CARCERE MENO DURO. “Il decreto di Bonafede per rimediare alle scarcerazioni è stato varato per tutelare se stesso e ottenere la fiducia in parlamento – e Consolo giudica ancora il Guardasigilli definendolo – Inadeguato e privo dell’autorevolezza necessaria per la riforma, dovrebbe sapere, ma questo i mass media non l’hanno detto, che noi in Italia abbiamo un numero elevatissimo di persone sottoposte al 41bis, regime differenziato”. I detenuti per i reati più gravi, criminalità organizzata o omicidio, hanno un’età media elevata, argomenta Consolo, e il Dap dovrebbe attrezzarsi per la cura della salute di questi detenuti: “Diversamente il Gom (Gruppo operativo mobile, ndr), che è un gruppo di polizia penitenziaria, glorioso per tradizione e meritevole per l’efficacia vigilanza che attua in questi regimi e circuiti speciali, si dovrà trasformare in un gruppo di badanti che dovrà cambiare i pannoloni a questi detenuti anzianissimi”, conclude l’ex capo Dap che, anche per questo, potrà sempre contare sull’associazione che lo ha accolto a braccia aperte.