La Sveglia

Il Pil e la crescita contano solo quando fa comodo

Quando a inizio febbraio uno studio della fondazione Gimbe ha certificato che la percentuale del Pil destinata alla spesa sanitaria totale è in calo dello 0,6%, si è scatenato un putiferio. Alcuni leader di partito della maggioranza hanno innescato attacchi diretti al presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta, e altri hanno contestato il metodo.
Le percentuali sul Pil non contano, hanno spiegato dalla maggioranza. La cosmesi dei numeri della maggioranza passa dalla semplificazione utile per la propaganda: se la spesa sanitaria cresce, nessuno deve permettersi di fiatare. Francesco Zaffini, senatore di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Affari Sociali del Senato, già lo scorso ottobre l’aveva detto chiaro e tondo, rispondendo a un attacco di Giuseppe Conte: «A Conte dico che la percentuale sul Pil non conta, il 2023 è stato in crescita», disse ospite di Coffee Break su La7.

L’anno prima anche il deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci aveva parlato di una “stucchevole litania sulle cifre” perché “il problema non è la quantità di risorse”. Il ragionamento di Cappellacci era: “il 6,2 per cento della spesa sanitaria sul Pil è una misura esattamente pari a quella che era stata prevista dal governo precedente. È stata confermata con la differenza che il Pil è aumentato e quindi, in termini assoluti, anche la cifra destinata alla sanità”.

Insomma, la percentuale sul Pil è una gabbia brutta, sporca e cattiva che l’opposizione usa per sabotare il governo. Da mesi ci dicono di smetterla di usare il Pil per sentirci in dovere di fare qualcosa. Basta Pil, ripetono.

Fino a ieri. Da ieri le percentuali del Pil che servono per gli armamenti sono tornate a essere un argomento serissimo.