Dopo aver goduto dei frutti del precedente governo, sull’economia italiana iniziano a vedersi i primi effetti del governo di Giorgia Meloni che preannunciano tempi duri. Il primo campanello di allarme è suonato giovedì quando l’Istat aveva spiegato che dopo sette mesi di crescita, l’occupazione in Italia a luglio è arretrata dello 0,3 per cento con ben 73mila lavoratori in meno.
Il secondo allerta è arrivato sempre dall’Istituto nazionale di statistica che ieri ha segnalato la brusca frenata del Prodotto interno lordo (Pil) che nel secondo trimestre del 2023 ha ceduto lo 0,4 per cento, ossia meno dello 0,3 per cento stimato dall’Istat in via preliminare lo scorso 31 luglio. Alla luce di questi dati aggiornati, la variazione acquisita del Pil per il 2023 è pari a +0,7 per cento. Secondo l’Istituto, a causare la flessione è stato soprattutto l’andamento della domanda interna, mentre quella estera ha fornito un contributo nullo.
Numeri horror
Che qualcosa nell’economia italiana si sia inceppato, malgrado roboanti – e puntualmente smentiti – annunci social sul ‘nuovo miracolo economico delle destre’, lo sta provando a far capire da tempo il ministro Giancarlo Giorgetti che ormai da tempo suggerisce prudenza ai ministri. Un atteggiamento che soprattutto nella Lega ha scatenato il disappunto di tanti, al punto che c’è chi nel partito lo vivrebbe come un corpo estraneo o, peggio, come un odiato tecnico.
Del resto i dati iniziano a preoccupare e in vista c’è una manovra che doveva essere trionfale ma che rischia di mettere fine ai sogni di gloria del Centrodestra. A lasciarlo intendere è soprattutto il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, che proprio parlando degli ultimi dati Istat sul Pil ha spiegato che la frenata registrata nel secondo trimestre “è una pessima notizia per l’economia italiana”.
Secondo il dirigente sindacale “la causa principale è la compressione della domanda interna. Conseguenza diretta anche delle scelte del governo, che ha fatto poco o nulla per sostenere salari e redditi a fronte di un’inflazione che, pur in diminuzione, resta troppo alta, in particolare per quanto riguarda il carrello della spesa”. “Se aggiungiamo un Pnrr sempre più impantanato e l’assenza di qualunque politica industriale, ci rendiamo immediatamente conto dell’inevitabilità di quanto sta accadendo. In questo contesto il taglio delle misure contro la povertà, a partire dal reddito di cittadinanza, non solo acuisce una questione sociale già drammatica, ma risulterà controproducente anche per la stessa crescita del Paese” conclude Ferrari.
Gli fa eco Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, secondo cui “quello del Pil è un calo allarmante. Il rischio di una recessione tecnica è alle porte. Se ci salveremo e non varcheremo quel tunnel sarà solo perché nel terzo trimestre le vacanze degli italiani faranno da volano alla ripresa dei servizi”.
Conte non perdona
Insomma il bluff del boom economico delle destre è ormai lapalissiano. “Meloni raccoglie quello che ha seminato in tutti questi mesi a Palazzo Chigi con il cappello in mano di fronte ai falchi dell’austerità” è quanto scrive su Facebook il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte. “Due consigli non richiesti a Giorgia Meloni: smettere di dare sempre la colpa a qualcun altro e, piuttosto, rimboccarsi le maniche per rimediare ai suoi numerosi errori” prosegue il post sui social del leader pentastellato.
“Fino ad oggi si è vantata per la crescita del Pil, che in realtà è letteralmente crollato a causa dell’inerzia e dell’incapacità del Governo, che sta dilapidando l’eredità di crescita di quasi l’11% nel biennio 2021-2022” conclude Conte sottolineando come la crescita di cui la premier Meloni si è fin qui vantata, in realtà è “frutto delle misure su cui ho investito quando ero al Governo. Misure che questo Governo ha cancellato, tagliato e demonizzato”.