“C’è una tale urgenza di provvedimenti, che non mi paiono un problema le modalità più rapide di conversione del decreto”. Fonti di governo ci confermano che allo stato attuale tutte le opzioni sono allo studio per garantire al decreto Cura Italia da 25 miliardi un iter il più veloce possibile alle Camere. Quella più gettonata prevede che il decreto venga incardinato al Senato e accorpato al dl Coronavirus del 2 marzo, già all’esame della commissione Bilancio. Già la scorsa settimana la capigruppo di Palazzo Madama aveva avanzato la proposta al governo di unificare i due provvedimenti – eventualmente inglobare anche le disposizioni sulla Giustizia – per snellire l’iter di conversione.
La decisione verrà presa oggi nel corso di una nuova capigruppo e darebbe la possibilità al Parlamento di esaminare e convertire in legge (entro il 17 maggio) un solo maxi-decreto. La capigruppo in realtà è chiamata a stabilire le modalità di svolgimento del dibattito sulle comunicazioni (25 marzo) del premier in vista del Consiglio Ue. Ma quasi sicuramente affronterà anche la questione Cura Italia. E al come esaminarlo in sicurezza da parte delle commissioni e dell’aula. Tema su cui il confronto all’interno delle forze politiche è aperto (vedi articolo a pagina 6). Si tratta di un provvedimento omnibus che coinvolge più commissioni. Tra le proposte c’è quella di completare tutto l’iter nelle commissioni, senza passare per l’aula. Ma i regolamenti di Camera e Senato non lo consentono per i decreti.
La via più praticabile è concentrare il grosso del lavoro in commissione, per poi chiamare l’aula a dare solo il via libera finale. In quel caso adottando la formula del dimezzamento delle presenze di deputati e senatori, già sperimentata per il voto sullo scostamento di bilancio. Ma, diversamente da allora, sul Cura Italia, l’unanimità non c’è. Le opposizioni insistono per migliorarlo. E anche dalla maggioranza si sono levate voci critiche (vedi i renziani) sulle misure a sostegno degli autonomi e delle partite Iva sulla scia di leghisti e di FI. Tra le opzioni anche l’istituzione di una commissione speciale per consentire che l’esame dei decreti possa svolgersi ed esaurirsi tutto in quella sede. Il nodo rimane sempre quello del passaggio in aula.
E c’è chi ipotizza la pratica della reiterazione del decreto. Prima della sua scadenza verrebbe reiterato ed emanato un altro che contempli le eventuali modifiche avanzate da maggioranza e opposizione. I leghisti puntano il dito contro il governo: “Il decreto non sarà mai convertito in legge. Il governo lo trasformerà in un maxiemendamento al decreto già all’esame del Senato e vi porrà la fiducia”. Oggi pomeriggio ne sapremo di più dopo le comunicazioni della presidente di Palazzo Madama. La giornata di ieri è stata caratterizzata dalle polemiche sull’assenza del testo del decreto a oltre 24 ore dal via libera del Cdm. La corposità del provvedimento ha rallentato il viaggio verso il Colle e il via libera della Ragioneria generale dello Stato. Ma alla fine ha fatto in tempo a finire sulla Gazzetta Ufficiale.