Non è difficile distinguere il garantismo quello vero, quello sancito dalla nostra Costituzione come elemento fondante di una società democratica e il garantismo peloso che dalle nostre parti, fin dai tempi del primo berlusconismo, viene utilizzato come clava. La riforma Cartabia, così amata dai garantisti pelosi, ci ha messo il resto, portandoci a vivere queste ultime 24 ore in cui l’ipocrisia è impossibile da non vedere ed è impossibile trattenersi dal commentarla.
A Bergamo accade che vengano indagate persone che ricoprono o hanno ricoperto posizioni apicali: c’è un ex ministro della Salute, un ex presidente del Consiglio (e comunque leader di uno dei più importanti partiti italiani), il presidente di Regione Lombardia, un ex assessore regionale alla Sanità e persone che hanno deciso come affrontare una pandemia. Diceva la ministra Cartabia che in nome del garantismo (peloso) noi dovessimo essere informati “difendendoci” dai giornali.
Il comunicato della Procura di Bergamo rimarrà alle generazioni future come alto esempio del cortocircuito che può essere provocato da un pessimo legislatore
L’indagine della Procura di Bergamo sta in un comunicato ufficiale che rimarrà alle generazioni future come alto esempio del cortocircuito che può essere provocato da un pessimo legislatore. Una nota lunga 21 righe (per un’indagine che riguarda – comunque vada – migliaia di morti e altissimi dirigenti di governo): “Questo ufficio di Procura – scrive il magistrato – in data 20 febbraio ha concluso le indagini nei confronti di 17 persone che, a vario titolo, hanno gestito la risposta alla pandemia da Covid 19. Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza di Bergamo, sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti acquisiti e/o sequestrati, sia in forma cartacea che informatica, presso il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione civile, Regione Lombardia, Ats, Asst, l’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti, attività questa alla quale hanno partecipato anche in prima persona i Pm delegati”.
Andrebbe stampato questo comunicato, tenuto in tasca: non ci sono indagati, non c’è nemmeno il reato. Potrebbe essere un furto di garze compiuto da qualche squinternato. Le informazioni sull’indagine della Procura di Bergamo, su cui giustamente si sta dibattendo, sono tutte merito solo dei giornalisti, quegli “odiati” giornalisti che agli occhi dei garantisti pelosi sarebbero i millantatori che rimestano le vicende giudiziarie. Ma c’è di più.
Stanno usando quelle notizie anche (se non soprattutto) i politici che hanno salutato la riforma Cartabia come “salvezza del garantismo”. Il cosiddetto Terzo polo, solo per citare un esempio, da 36 ore sta utilizzando l’indagine per bastonare Conte, nel centrosinistra utilizzano l’indagine per bastonare Fontana, a destra utilizzano l’indagine per bastonare Speranza. Sono quelli che fino a qualche giorno fa facevano la morale sul garantismo, sono gli stessi.
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E i giornali? Qui la sagra dell’ipocrisia fa faville. Pensateci: se come linea editoriale un giornale ha appoggiato chi ha dipinto la stampa come la peggiore avvelenatrice di pozzi di fronte all’indagine della Procura di Bergamo avrebbe dovuto astenersi dal dare qualsiasi notizia non ufficiale e da qualsiasi giudizio.
“Gli errori, i ritardi. L’accusa dei pm: così il virus dilagò” titola il Corriere della Sera. Tutte informazioni che secondo l’ex ministra Cartabia avrebbero dovuto essere conosciute e dibattute solo in un’eventuale processo. Tre pagine dedicate agli atti di indagine da Repubblica. Atti che, ricordiamolo, per la ministra Cartabia dovrebbero essere in possesso solo delle parti. Su La Stampa ci sono gli atti del pm e c’è già la difesa dell’ex ministro Roberto Speranza.
Su Il Messaggero, recita l’occhiello in prima pagina, “le condotte dei 19 indagati”: “si sarebbero potute salvare 4 mila persone”. Stiamo sulle prime pagine. Monumentale (per ipocrisia) Il Giornale che titola: “Il pm fa a pezzi Conte”. Badate bene, sono gli stessi che piagnucolavano ogni volta che venivano riportati atti di indagine su Berlusconi. Ora titolano con le carte dell’accusa e addirittura con una sentenza già pronunciata.
Qualcuno potrebbe chiedersi dove sia finito nel loro articolo il presidente della Lombardia Attilio Fontana. Eccolo appena sotto: “Fontana chiamato a testimoniare e poi indagato senza un avviso”: Fontana, ovviamente, è innocente. “Nessuna gogna ma faremo chiarezza”, dice in un’intervista il senatore di centrodestra Malan. La sua intervista compare esattamente sotto il titolo che è una gogna. Andiamo avanti.
Il Foglio, il quotidiano che arriccia il naso ogni volta che qualcuno si permette di avanzare un’osservazione di inopportunità politica che sta nelle carte giudiziarie decide di dedicare all’indagine di Bergamo (di cui, dicono loro, non si dovrebbe nemmeno parlare) un pensoso editoriale che accusa (manco a dirlo) i pm.
A proposito, ieri abbiamo assistito alla strumentalizzazione delle parole del capo della Procura che in un’intervista (su un quotidiano che era d’accordo con Cartabia quando diceva che i procuratori non dovrebbero parlare) dice di non sapere come finirà un eventuale processo. “Avete visto?”, scrive qualcuno, “quel procuratore dice delle fregnacce, non si devono intervistare i magistrati”. Se dovessimo ascoltare certi giornalisti non dovrebbero nemmeno uscire i giornali.