Doveva essere il laboratorio dell’alleanza progressista ma alla fine la Sicilia non è soltanto diventata la pietra tombale sul patto tra M5S e Pd ma rischia anche di avere strascichi giudiziari.
Insomma un brutto epilogo, culminato con i pentastellati che hanno deciso di rompere l’asse giallorosso – già andato in frantumi a livello nazionale e che ormai sopravviveva solo in regione – a seguito della lunga serie di ultimatum per la presenza di impresentabili a cui i dem non hanno voluto fare a meno, che rischia di peggiorare ulteriormente visto che il Partito democratico ora minaccia addirittura un’azione legale.
Su quali basi questa sarà ammissibile, è ancora poco chiaro. Ma il segretario siciliano dei dem, Anthony Barbagallo, è abbastanza certo che in qualche modo potrà portare davanti a un giudice i suoi ex alleati: “Ho dato mandato ai legali di verificare se ci siano le condizioni per una causa: Nuccio Di Paola ha firmato un accordo in cui si impegnava a nome del Movimento a sostenere chi avesse vinto le primarie, non si può dopo fare come se nulla fosse e verificheremo se la sua candidatura sia a questo punto legittima”.
Il Pd riempie le liste di impresentabili, la polemica
Se questa scrittura può bastare per aprire un procedimento civile si vedrà. Quel che è certo è che in un Paese dove neanche i parlamentari hanno l’obbligo di seguire gli ordini di partito, appare quantomeno strano che ci sia un vincolo tanto forte per sostenere una candidatura.
Che poi a ben vedere il problema non è mai stato quello della vincitrice delle primarie, Caterina Chinnici, visto che il Movimento nei suoi confronti – anche dopo la rottura con gli ex alleati – ha sempre espresso apprezzamento, quanto la presenza di alcuni nomi di impresentabili che il Partito democratico ha portato avanti noncurante degli ammonimenti ricevuti.
Curiosamente gli avvertimenti non sono venuti soltanto dai pentastellati siciliani ma anche e soprattutto dalla candidata Chinnici che, assieme a loro, ha chiesto più volte al Pd di evitare l’inserimento di candidati con pendenze giudiziarie alle prossime regionali. Insomma non si riesce a capire in che modo la colpa della rottura sia da addebitare al Movimento guidato da Giuseppe Conte visto che sono stati proprio i dem a fare orecchie da mercante davanti a ogni istanza, per poi dare il via a una tarantella davvero stucchevole.
E pensare che i 5S non chiedevano la luna ma soltanto di rinunciare a quattro candidati impresentabili, due dei quali – Angelo Villari e Giuseppe Lupo – alla fine hanno deciso di farsi da parte per evitare polemiche e strappi.
La risposta pentastellata
Ma Barbagallo, che non ha preso bene lo strappo dei 5S, è andato oltre. Nel tentativo di rincarare la dose ha spiegato che secondo lui la scelta di rompere l’alleanza “è arrivata al fotofinish per creare il danno maggiore possibile”.
Una tesi francamente difficile da comprendere visto che le discussioni nell’alleanza andavano avanti da settimane e che negli ultimi giorni perfino la candidata Chinnici, secondo quanto trapelava, avrebbe valutato un passo indietro per via delle posizioni prese dai dem. Insomma a conti fatti il Pd ha riempie le liste di impresentabili ma la colpa della fine dell’alleanza è del Movimento che lo fa notare.
Probabilmente “il Pd pensava di poterci usare liberamente come stampella, e dopo avere rotto a Roma, accusa noi di avere causato danni” è la risposta di Di Paola, candidato governatore M5S. “Io dico che i siciliani hanno diritto a scegliere tra due visioni politiche diverse. Anche perché se la mettono su questo piano, è evidente che un percorso politico comune non era possibile” ha insistito il pentastellato.