Siamo arrivati alla fine della campagna elettorale. Domenico De Masi, sociologo del Lavoro tra i più accreditati in Italia, che giudizio ne dà?
“Al contrario di quello che ho sentito dire mi è sembrata coerente con quelle precedenti. Anzi con programmi più interessanti. Ci sono tre livelli di conoscenza che noi cittadini possiamo avere della campagna elettorale. Quello del livello più razionale, rappresentato dai programmi scritti. Alcuni sono anche molto complessi. Poi c’è un secondo livello che è quello raccontato dai media – televisioni, giornali, radio – e poi c’è un terzo livello che è rappresentato dai comizi. E più si passa dai programmi ai comizi più si riduce la dimensione razionale e aumenta quella emotiva, della pancia. Ho letto i programmi: i problemi contemplati sono tantissimi. Non c’è questione che non venga affrontata. In quanto alle soluzioni colpisce l’eccessiva omogeneità di alcuni programmi. Talvolta non si coglie per ogni problema una visione di destra o di sinistra sono visioni, per così dire, rosa”.
Come giudica il cammino del M5S dalle origini ad oggi?
“Il Movimento ha cercato di trasformarsi in partito. Tutti i partiti sono nati come movimento e tutti i movimenti cercano di diventare un partito. Alcuni ci riescono altri muoiono nel percorso, vedi le Sardine che sono scomparse. Il M5S si è trasformato in un partito. Con Giuseppe Conte è come se si fosse portata a termine questa metamorfosi”.
Si parla del M5S come partito del Sud e si dice che abbia utilizzato il Reddito di cittadinanza come voto di scambio. Cosa ne pensa?
“Dire che il Reddito di cittadinanza è stato usato come voto di scambio è una calunnia. I Cinque Stelle esibiscono il Reddito non come una cosa che promettono in cambio del voto ma come una cosa già affermata ed esistente. Quanto al fatto che il sussidio possa avere un effetto sul voto, certo. Può averlo se si considera che la maggioranza dei percettori del Reddito sono concentrati al Sud. Ma il programma dei Cinque Stelle si rivolge a tutta l’Italia in modo paritetico, cerca di affrontare i problemi del Nord nel modo più congeniale al settentrione e i problemi del Sud nel modo più adatto al Meridione”.
Quali sono i punti che le appaiono più qualificanti del programma M5S?
“Partirei da una premessa. La vera differenza nella politica economica è tra una visione neoliberista e una socialdemocratica. La prima è basata sulla concorrenza, sul fatturato, sulla precarizzazione, su una concezione del mercato assolutamente libero e su uno Stato imbrigliato. Quella socialdemocratica è più attenta a ridurre le disuguaglianze, a creare maggiore giustizia sociale, a ridurre gli effetti perversi della concorrenza. Ebbene il programma del M5S mi pare più vicino a una visione socialdemocratica. Quello neoliberista per esempio è quello di Carlo Calenda”.
Crede che il Pd di Enrico Letta abbia fatto un favore ai pentastellati decidendo di tagliare i ponti con loro?
“Tre sono in realtà le persone che hanno fatto favori a Conte. Uno è Luigi Di Maio che con la sua scissione si è portato via tra deputati e senatori i nemici stessi di Conte che ora può contare su un numero di persone più coerenti col suo programma e più fedeli. Il secondo che gli ha fatto un favore è stato Letta perché spostando il Pd a destra ha lasciato libera un’ampia prateria a sinistra affollata di poveri che sono arrivati oggi al numero di 14 milioni. Si tratta di una massa di cittadini che prima era un appannaggio del Pci, fino ai tempi di Enrico Berlinguer, e che sono stati poi abbandonati a sé stessi. Nessun partito gli ha dato voce e invece i Cinque stelle lo hanno fatto. Hanno ereditato l’impegno di Berlinguer e lo hanno portato avanti con il Reddito di cittadinanza e il decreto Dignità. Ovvero le uniche poche cose di sinistra che sono state fatte in Italia negli ultimi anni. Il terzo aiuto gli è arrivato dal neoliberismo che ha incrementato il numero dei poveri. Durante il governo Draghi sono cresciuti di oltre mezzo milione. E questo ha amplificato l’elettorato a cui i Cinque Stelle si sono principalmente rivolti”.
Conte ha detto nessun dialogo con questo Pd, non con questi attuali vertici nazionali.
“Il governo Draghi è caduto per mano di Matteo Salvini e di Silvio Berlusconi perché quando i Cinque stelle non hanno votato la fiducia al decreto Aiuti il governo aveva comunque la maggioranza assoluta. Quando è caduto l’esecutivo Draghi è perché gli hanno votato contro Lega e Forza Italia. Ad ogni modo dal giorno dopo della caduta del governo, Letta è andato a dire in giro che il campo largo era finito. Lo stesso Calenda ha messo il veto sul M5S per potersi alleare col Pd. E il segretario dem ha chiuso ai Cinque Stelle pensando che l’alleanza con Calenda fosse più proficua. Credo che Conte pensi che il Pd avrà un risultato mediocre alle elezioni e questo costringerà il partito a sostituirlo e che al suo posto ci vada un leader più propenso all’unione delle forze presenti a sinistra”.
Nel Pd c’è già da ora chi, come il ministro del Lavoro Andrea Orlando, pensa che si debba dopo le elezioni riaprire ai 5S.
“Certamente nel partito ci sono neoliberisti contrari a questa ipotesi e socialdemocratici che invece la incoraggiano. I Cinque Stelle in questo momento sono il partito più a sinistra che si presenta alle elezioni. Noi abbiamo un Pd che si dice di sinistra e non lo è e un M5S che è di sinistra ma non lo dice. Ma lo dimostra con quello che fa, dal Reddito di cittadinanza al decreto Dignità”.
Un report di Wikimafia ha rilevato che in cima ai partiti per le loro proposte di contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso svettano Unione popolare e il M5S. Sono loro che hanno raccolto il testimone sulla questione morale?
“Assolutamente sì, non c’è dubbio. In questo momento la questione morale è agitata da questi due partiti che sono due dei partiti di sinistra. In realtà un elettore di sinistra non ha in queste elezioni l’alibi di astenersi in merito al principio che non sa chi votare. Abbiamo Unione popolare chiaramente radicale, una sinistra radicale ma più moderata con Sinistra Italiana e Verdi, i Cinque Stelle che sono una novità nel campo della sinistra e poi, diciamo, con tutti i suoi limiti il Pd”
È il 26 settembre e ha vinto Giorgia Meloni lei ha paura?
“Nessuna paura, anzi sono felice, perché ricomincia la politica. C’è una bella opposizione, le destre al governo, tutto sarà chiaro. Magari anche i Cinque Stelle diventano più consapevoli di essere un partito di sinistra. È un’occasione per l’opposizione di organizzarsi meglio”.