Giuseppe Civati (per tutti Pippo) ora la politica la fa anche attraverso i libri. Dopo essere uscito dal Pd ha fondato Possibile (di cui è oggi segretaria Beatrice Brignone) e la sua casa editrice, People, oltre ai romanzi pubblica saggi politici e una rivista (Ossigeno).
Civati, quindi tutti in sella sull’agenda Draghi?
“Io ho ancora l’agenda Monti, sono un ripetente. E quello era esattamente lo stesso schema: si fa un governo di emergenza e poi lo si trasforma in un’opzione politica di lungo periodo. Almeno in quel caso c’era Monti in campo, qui non c’è nemmeno Draghi. Mi pare un’operazione difficile e che prescinde dal fatto che la politica si basa sul consenso. Le cose di cui parlare vanno molto più in là di un mandato di governo. Tra l’altro non dobbiamo nemmeno costringerci ad avere un giudizio così immediato su quello che è successo. È stato tutto così emotivo, non si può giudicare una coperta dall’ultimo lembo”.
Ma poi se Draghi era un “governo tecnico”, come può essere riusato per un’agenda politica?
“I governi tecnici non esistono. E infatti il problema del governo Draghi è stato il confronto con la sua maggioranza. È questa abitudine curiosa della politica italiana di voler sospendere la politica, che poi torna sotto vesti peggiori. Dopodiché va fatta salva un’idea che sicuramente aleggiava nella premiership di Draghi che è quella di un riferimento europeo senza distinguo (sappiamo che alcuni negano la Ue come Salvini e Meloni) di un riferimento a un’autorevolezza di cui la politica ha bisogno e anche a un certo rigore dal punto di vista dei conti poiché siamo messi malissimo. Se le prime pagine di un progetto sono quelle allora vanno bene a tutti i democratici ma il resto ce lo deve mettere la politica. È un momento di ritorno a un’elaborazione, a scelte di fondo. Ricordo che prima dell’agenda Draghi andava di moda l’agenda sociale, che è durata molto meno e forse sarebbe da aggiungere, no? Mi pare un tema su cui la sinistra si potrebbe esercitare in questa fase convulsa, ben oltre quello che diceva Draghi”.
Il campo largo non sembra più largo. E si parla già di “voto utile”. Cosa ne pensa?
“La situazione è disperata. Abbiamo un sistema elettorale osceno che fa vincere quegli altri, confonde le acque. È una coalizione o un’alleanza elettorale? È chiaro che se c’è la volontà di costruire una coalizione granitica evidentemente non ci si riesce. Il Pd si è trovato senza coalizione, non solo per il rapporto con il Movimento 5 Stelle: sono in acque molto tormentate, rispetto alla serenità rivendicata da Letta. Al massimo può essere un’alleanza elettorale, non è l’Ulivo. Poi bisogna capire cosa vuole dire il Partito democratico. Apre davvero una discussione con gli altri o si sommano i voti? Bisogna immaginare altro. La destra ha già cominciato, Berlusconi ha sostituito i posti di lavoro con gli alberi. Il Pd ha grandi responsabilità. Ora deve dire quali sono le condizioni, non sono solo il voto utile, la somma, l’agenda Draghi: c’è posto per quelli che hanno idee più radicali e progressiste? Questa è la domanda da fare. Siamo costretti alla fretta ma conviene ragionare”.
Il M5S è sacrificabile?
“Non lo sarebbe stato se avesse voluto evitarlo, ora è tutto molto difficile. Quello che nessuno dice è che a far cadere Draghi nel Movimento 5 Stelle c’è anche un’insofferenza di alcuni di loro per l’alleanza con il Pd. Evidentemente Conte sa che se fai cadere un governo in cui c’è il tuo principale alleato poi ne paga le conseguenze. Anche perché Letta si era preso una responsabilità che gli era stata rimproverata. Secondo me non ci sono i modi, più dei tempi. Sarà difficile”.
Ma nel “campo largo” c’è chi ha idee opposte, come ad esempio Calenda sul nucleare…
“Se lo vivi come semplice alleanza è un campionato interno in cui si vede chi vincerà con le sue istanze. La destra l’altra volta ha avuto Salvini e Berlusconi che si erano menati per capire chi prendesse più voti”.
E sul reddito di cittadinanza?
“A parte Renzi non lo vuole togliere nessuno. Adesso è uno strumento necessario. Io parlavo di reddito minimo garantito anni fa. Ovviamente va fatto nel modo migliore possibile. Sarebbe una follia toglierlo. Anzi, il problema vero è come fare più giustizia sociale, cosa aggiungergli”.
Qualcuno vorrebbe il salario minimo senza il minimo deciso dalla politica…
“L’unico salario minimo che può esistere è quello in Germania e Spagna, calcolato in modo mediano sui redditi. Ne parliamo noi in Possibile da tempo. È come per i cambiamenti climatici: bisogna prendere di petto la situazione oppure non la si prende. Capisco che bisogna convincere anche i più centristi ma è un momento di scelte radicali. Le mezze misure non servono a niente. Bisogna avere coraggio. Per noi cha abbiamo figli bisogna pensare cosa consegniamo a loro. Servirebbe uno sguardo lungo, più che una coalizione in larghezza”.
Salvini ha già cominciato con la questione sicurezza e gli immigrati, intanto…
“A me vengono in mente due sicurezze più presenti: sociale e ambientale. Se tutto il resto del mondo parlerà di queste cose sono molti più convincenti di lucrare sull’immigrazione. Siamo in un Paese spaventato per il futuro e impoverito. Queste sono le priorità. Poi penso alla legge sulla cittadinanza, anche questo va fatto”.
Ora è editore. Rientra in politica?
“L’editore continuo a farlo perché non è stato un ripiego ma una scelta di vita. Dopodiché se ci sono le condizioni di cui ho detto, la piccola comunità che ho fondato (Possibile, nda) non può girarsi dall’altra parte. Non ho nessuna ambizione personale. Io ho continuato a fare politica, anche senza stare in Parlamento”.