Non disperdere il patrimonio politico del Movimento 5 Stelle. Puntando a un patto che possa evitare dinamiche da “partito tradizionale”. E cercare un confronto leale con Davide Casaleggio, l’erede designato per la gestione della società di famiglia. E quindi del M5S. Il giorno dopo il lutto, insomma, è all’insegna della volontà di non divorare – con i morsi dell’ambizione personale – la creatura costruita da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo. Almeno questa è l’intenzione della maggioranza dei parlamentari, le seconde linee meno note al pubblico che svolgono l’attività sul territorio. Spesso lontano dai riflettori. “Non deve cambiare nulla”, scandisce un deputato in privato, chiedendo di non voler aggiungere altro per non tradire la consegna del silenzio, chiesta dai vertici dello staff di comunicazione. Ma dietro alle bocche cucite si nasconde la fronda silenziosa di chi vuole tenere fede al messaggio di Gianroberto Casaleggio. Evitando le faide che renderebbero i 5 Stelle un partito a tutti gli effetti. Magari facendo appello a Beppe Grillo. Che ora più che mai diventa la figura chiave per garantire la coesione. Una constatazione che potrebbe rallentare ulteriormente la sua già graduale uscita di scena.
Primo stop
La possibile nascita di fazioni, principalmente capeggiate dal vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, e da uno dei volti più noti, Alessandro Di Battista, si scontra con la presenza di numerosi rappresentanti del Movimento 5 Stelle presenti in Parlamento. Che non sono disposti a fare i peones muti e che vogliono proseguire il proprio lavoro nel rispetto del volere del guru. Per questo i componenti del direttorio hanno intavolato un discorso con Davide Casaleggio, con l’intento di trovare un percorso comune che lascia al figlio di Gianroberto lascia la macchina tecnica, come la gestione dei server. La parte politica, invece, passerebbe nelle mani del direttorio. E più nello specifico della possibile alleanza tra “campani” (Luigi Di Maio, Carla Ruocco, Roberto Fico) e “romani” (Alessandro Di Battista, Roberto Lombardi, Paola Taverna). Con esponenti di primo piano, come Danilo Toninelli e Federico D’Incà, nel ruolo di garanti. Cercando poi di coinvolgere maggiormente i senatori Nicola Morra e Nunzia Catalfo. Tuttavia il patto può reggere solo per un periodo limitato: prima o poi bisognerà decidere chi sarà il candidato-premier da opporre a Matteo Renzi. “Non è sicuro che sia Di Maio”, sussurra una fonte che conosce le dinamiche interne ai 5 Stelle. E che poi aggiunge: “Il discorso è comunque prematuro, come chiedere l’ostia prima della messa”. Ma resta il fulcro: l’inevitabilità di un confronto serrato.
Rispetto del silenzio
La prima prova di fedeltà è arrivata dal silenzio chiesto a tutti. Nessuna intervista, nessuna dichiarazione. Al massimo qualche post sui social. A oltre 48 ore dal lutto, il rispetto della linea è stato massimo, a conferma che la struttura organizzativa ha retto all’onda emotiva della morte del fondatore. La situazione cambierà dopo i funerali: i parlamentari torneranno a parlare. Per dire cosa? Da quanto risulta a La Notizia, a breve non ci saranno annunci sconvolgenti. Di mezzo, infatti, ci sono le elezioni comunali: una partita fondamentale, soprattutto a Roma dove Virginia Raggi è in testa ai sondaggi. Proprio la candidata pentastellata per il Campidoglio si è affrettata a dire: “Oggi il modo migliore per ricordare Gianroberto Casaleggio è guardare avanti e vincere a Roma”. Fornendo un assist ai supporter del patto interno per onorare la memoria del fondatore. Almeno per qualche mese.