Tira una brutta aria sulla riforma costituzionale che taglia da 945 a 600 il numero dei parlamentari. Ad un passo dal traguardo – il referendum che a settembre rischia di spedire definitivamente in pensione 230 deputati e 115 senatori – torna ad agitarsi il partito (trasversale) delle poltrone. Che da Forza Italia a Italia Viva ha iniziato ora a fare proseliti anche nel Pd. I pretoriani del Cavaliere ne fanno una questione di principio, rivendicando “il coraggio di dire No al taglio della nostra democrazia”.
Perché se passasse il Sì al referendum, obiettano, non solo sarebbe a rischio l’“adeguata rappresentanza” parlamentare, ma ne farebbe le spese pure “la funzionalità del Parlamento, in cambio del risparmio di un caffe”. Resta da capire come l’attuale Parlamento, composto per due terzi di nominati, garantisca adeguata rappresentanza ad un elettorato che, più che scegliere gli eletti, li ha subiti. Quanto al risparmio, basta una calcolatrice per scoprire che, in realtà, ammonta a un bel po’ di caffè: 82 milioni di tazzine all’anno, 410 milioni a legislatura.
Poi c’è il tema della legge elettorale che con il taglio dei parlamentari c’entra solo di riflesso. Ma per Italia Viva è un problema serio: visti i sondaggi tra il 2/3 per cento, con lo sbarramento al 5 della legge proporzionale in stallo alla Camera, rischia l’estinzione. E a cascata arriva il Pd: “Senza legge elettorale il Sì al referendum è pericoloso”. Insomma, si riaffaccia un nuovo patto del Nazareno. E stavolta il collante sono le poltrone.