I nostri parlamentari non ci stanno a sentirsi dare dei “fannulloni” perché vanno in ferie 40 giorni. Così tre giorni fa l’ufficio stampa della Camera ha diramato una nota con la quale ha precisato che negli altri Paesi, dalla Germania alla Francia al Regno Unito, gli eletti fanno di peggio concedendosi in certi casi più di due mesi di vacanza (come il Bundestag tedesco). Per carità, tutto vero. Il problema infatti è più di metodo che di merito. In sostanza, la domanda è: può un Parlamento con la legislatura agli sgoccioli permettersi di chiudere i battenti per oltre un mese? La risposta sarebbe indubbiamente sì se non ci fossero la bellezza di 87 provvedimenti che, già approvati da una delle due Camere, aspettano il via libera dell’altra per diventare legge. Tanti infatti ne ha contati Openpolis, l’osservatorio civico della politica italiana che si occupa di accesso ai dati pubblici. “Molti i disegni di legge importanti – ha fatto notare l’associazione sul proprio sito Internet – ma alcuni probabilmente rimarranno bloccati a causa di una maggioranza sempre più instabile”.
Strada stretta – Tra la sessione di bilancio e il nodo-legge elettorale, infatti, il rischio concreto è che da settembre solo un risicato numero di proposte e disegni di legge fermi ai box riuscirà a superare il traguardo. Nella lunghissima lista ci sono provvedimenti che aspettano di essere esaminati da anni, come per esempio il ddl Scalfarotto (“Disposizioni in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobia”). Una legge molto attesa in un Paese come l’Italia, dove il 40% degli omosessuali afferma di aver subito in vita sua almeno un episodio di discriminazione. Invece? Dal 19 settembre 2013 il ddl che porta il nome del sottosegretario allo Sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, è “parcheggiato” in commissione Giustizia al Senato. Stesso discorso per l’attesissimo Ius Soli. Era il 13 ottobre 2015 quando l’Aula della Camera dava il via libera al testo, che si è poi arenato a Palazzo Madama prima del rinvio a settembre deciso tre settimane fa dal premier Paolo Gentiloni complici le fibrillazioni nella maggioranza.
Eterno conflitto – In questo contesto non può certamente essere dimenticato il testamento biologico. Come per lo Ius Soli, si è deciso di rinviare l’esame della proposta di legge approvata ad aprile dalla Camera sull’onda del caso di Dj Fabo a dopo la pausa estiva, visti pure gli oltre tremila emendamenti presentati (la maggior parte di Forza Italia e Alternativa popolare). Che dire poi del conflitto d’interessi? A febbraio 2016, quando Montecitorio ratificò il provvedimento, il relatore Francesco Sanna (Pd) spiegò come “l’approvazione rapida della legge sarà un fatto politico di svolta nella qualità delle nostre istituzioni”. E invece un anno e mezzo dopo non solo il ddl non ha ancora visto la luce ma, come rivelato a maggio da La Notizia, in commissione Affari costituzionali è stata cancellata dal testo la parte riguardante i parlamentari che, in quanto portatori di interessi (a detta del Pd), vanno regolamentati attraverso una normativa sulle lobby, mai varata in quarant’anni. Così, se mai il Senato la voterà, la pdl dovrà tornare alla Camera col rischio di rimanere una delle grandi incompiute.
Assegni d’oro – A tenere banco c’è poi il ddl Richetti sul ricalcolo dei vitalizi. Il M5S pressa il Pd, ma nei giorni scorsi il presidente della commissione Affari costituzionali, l’alfaniano Salvatore Torrisi, è stato chiaro: “Dopo la pausa estiva è giusto dare la priorità al ddl sul taglio dei vitalizi ma è altrettanto giusto che i senatori entrino nel merito del provvedimento con un dibattito vero”. Il che vuol dire che Palazzo Madama metterà sicuramente mano al provvedimento votato dall’Aula di Montecitorio il 26 luglio, costringendolo a fare il percorso inverso per poi impantanarsi. Del resto, si sa, i tempi sono serrati. Anche per colpa di 40 giorni di ferie.
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