Non sono bastate le parole di Raffaele Cantone o della Direzione nazionale antimafia guidata da Franco Roberti, del febbraio 2015, secondo cui “senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o antiproibizionista che sia, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva”. Nulla di nulla. Perché il disegno di legge che avrebbe permesso la legalizzazione della cannabis è stato rispedito dall’Aula in commissione. Il peso dei 1300 emendamenti presentati quasi esclusivamente dai centristi (con chiara tattica ostruzionistica) ha avuto la meglio. Dopo la pausa estiva, e dopo non aver trovato spazio nel calendario di settembre, i deputati hanno infatti deciso di rinviare la legge in commissione.
Insomma, la festa del 25 luglio (si disse che quello era un giorno storico: la prima volta di un ddl sulla cannabis in Aula alla Camera) è già stata smorzata perché, quel che pare, è che la legge non verrà approvata quest’anno e, molto probabilmente, nemmeno nel 2017. E, forse, non se ne farà nulla perlomeno fino alla fine di questa legislatura.
Il disegno di legge rispedito al mittente è quello partorito dall’intergruppo guidato dal sottosegretario Benedetto Della Vedova e animato da oltre 200 deputati, prevalentemente di sinistra, del Movimento 5 stelle, di Sinistra Italiana e del Pd, ma anche di Forza Italia, che conta due firmatari. Nonostante questo, hanno avuto la meglio tabu, paure, poteri trans-politici. Ancora una volta.