L’Ue arranca e la crescita ristagna. L’inflazione, però, sta scendendo, anche più del previsto, come dimostrano le ultime previsioni invernali della Commissione europea. Eppure la presidente della Bce, Christine Lagarde, continua ad avere una sola ossessione: i salari. Che non devono crescere.
La preoccupazione principale per l’Eurotower, sul fronte dell’inflazione, è quindi quella delle retribuzioni. Una loro crescita in grado di recuperare il potere d’acquisto – come sarebbe ideale attendersi tanto per le famiglie quanto per la possibilità di rilanciare i consumi – non piace proprio a Lagarde.
Il paradosso della Bce: per Lagarde l’unica cosa che conta è che i salari non crescano
Lagarde, in audizione al Parlamento europeo, parla dell’inflazione di fondo che “sta diminuendo gradualmente”, ma sottolinea anche che la “crescita dei salari continua a essere sostenuta e dovrebbe diventare un fattore sempre più importante della dinamica dell’inflazione nei prossimi trimestri, riflettendo la tensione dei mercati del lavoro e le richieste dei lavoratori di compensazione dell’inflazione”. A preoccupare, dunque, sono i rinnovi dei contratti attesi in tutta Europa e soprattutto in Italia, dove sono fermi ormai da anni.
Il monitoraggio dei salari della Bce, prosegue Lagarde, “continua a segnalare forti pressioni salariali, ma gli accordi indicano un certo livellamento nell’ultimo trimestre del 2023. Le pressioni salariali per il 2024 dipendono in particolare dall’esito dei cicli negoziali in corso o imminenti che interessano un’ampia quota di dipendenti dell’area dell’euro. Il contributo degli utili unitari alle pressioni interne sui prezzi ha continuato a diminuire, suggerendo che, come previsto, gli aumenti salariali sono almeno in parte attenuati dai margini di profitto”.
Insomma, di fatto è una mezza ammissione che i salari non dovrebbero preoccupare. E invece la Bce continua a sperare in un’attenuazione degli aumenti per evitare il rischio di un nuovo incremento dell’inflazione. La Bce, quindi, per prendere una decisione sul taglio dei tassi aspetterà e seguirà i dati, prestando “attenzione ai dati su salari, ai profitti per unità”. Concludendo, se i salari crescono – come atteso – la Bce potrebbe rimandare il taglio dei tassi. Tanto a pagare sono sempre e solo le famiglie.