Stavolta l’attacco è diretto e non lascia molto spazio ai dubbi. Il bersaglio principale è Angelino Alfano, leader di Ncd e ministro dell’Interno, mentre l’obiettivo secondario è il governo. Se cade ora i giochi sarebbero aperti per tutti, anche per quelli finiti nel tritacarne mediatico. In fondo Alfano era già stato avvertito nei giorni scorsi. Il suo ex amico di partito nel Pdl, Maurizio Gasparri, aveva raccontato come la fronda dei senatori di Area popolare fosse partita: “Dai racconti che io ho dai colleghi del Ncd prevale una linea critica all’attuale governo”. Più che critica, diciamo pure di rottura. E così dopo gli scricchiolii è arrivata la frana.
FINE DA LUPI – Le vicende che vedono coinvolto l’entourage del ministro dell’Interno hanno accelerato i tempi e proprio da Palazzo Madama parte la prima bordata: “Dobbiamo uscire dal governo”, sostiene il senatore campano Giuseppe Esposito, da molti ritenuto vicino al capogruppo a Palazzo Madama, Renato Schifani. Il vicepresidente del Copasir spara a zero sull’esperienza di governo del suo partito: “Dobbiamo uscire dall’esecutivo e ricostruire l’area moderata”. Esposito si è detto convinto che Ncd debba aprirsi al dibattito. Solo in quell’occasione si potrà misurare la volontà di restare o uscire dal governo Renzi: “Ormai non siamo più al partito dei leader, ma dei sottoleader. Ognuno parla per se stesso e non si dà spazio al confronto e alla condivisione”. Più che il senso dello sfaldamento, emerge in moto netto il segnale dello smarcamento, dello scarto di lato prima che la frana travolga tutto e tutti. E la stessa difesa di Alfano, deciso a non dimettersi parlando di fango e indisposto a “fare come Lupi”, battuta tanto infelice quanto fuori tempo trattandosi di un collega di partito e di un ex membro del governo mai indagato.
SENATORI RIBELLI – Intanto la pattuglia dei ribelli sostiene di poter contare sull’appoggio di una decina di senatori. Ma c’è chi afferma che sarebbero sensibilmente meno. I nomi sicuri sono appunto quelli di Giuseppe Esposito, dell’ex presidente della commissione Bilancio, Antonio Azzollini e l’ex governatore e senatore lombardo Roberto Formigoni, che ha parlato apertamente di un percorso in maggioranza ormai concluso. “Noi siamo entrati nell’esecutivo ponendoci come obiettivo il varo delle riforme. Ora sono state fatte e approvate. La nostra permanenza al governo si è quindi esaurita. Io propongo un appoggio esterno all’esecutivo con il ritiro della nostra delegazione”, spiega l’ex governatore della Lombardia. Esposito e Azzollini hanno voluto mostrare il proprio dissenso alla leadership nazionale con la partecipazione alla riunione dei senatori per il “no” al referendum costituzionale di ottobre. Lo stesso Azzollini ha detto di “non avere mai votato a favore delle riforme costituzionali”, richiamandosi dunque a “un dissenso da Ncd sin dall’inizio del loro percorso parlamentare”. Insomma, l’inchiesta ha fatto solo da detonatore e ora non resta che attendere l’esito. Sempre che gli artificieri di Renzi non chiedono aiuto a Denis Verdini, il gran risolutore di tutti i problemi. Ovvero Ncd governativa dentro Ala. Una cosa è certa: il referendum di ottobre è la “dead line”, il punto di arrivo per tutti. Per Renzi come per Alfano.