di Stefano Sansonetti
Alla Difesa dicono che sono tessere all’avanguardia, fonte di ispirazione addirittura per esperienze estere. Il problema, però, è che la loro emissione sta scontando problemi a non finire. Al punto da lasciare scoperti molti appartenenti alle nostre Forze armate. Quanti? Si parla di 6mila tra militari e civili dipendenti dal Ministero di via XX Settembre, oggi guidato dalla grillina Elisabetta Trenta. Protagonista della vicenda è la Cmd, Carta multiservizi della Difesa, una tessera personale di riconoscimento che, dopo i primi esperimenti del 2003-2004, si è estesa fino a dotare più di 100mila mila dipendenti del dicastero. Adesso, però, nel meccanismo di produzione qualcosa si è inceppato: molte nuove tessere stentano a vedere la luce, così come latita la produzione di tessere che dovrebbero sostituire carte usurate o scadute. Non proprio una roba da poco, visto che le Cmd contengono dati identificativi, sanitari e anche le funzionalità per le firma digitale.
La situazione – Uno stallo che dà nell’occhio soprattutto se si considera che l’attuale Capo di Stato maggiore della Difesa, il Generale Claudio Graziano (in uscita fra qualche mese), il 22 novembre del 2017 ha firmato una direttiva dal titolo “Norme di gestione e d’impiego per il rilascio in formato elettronico della tessera personale di riconoscimento”. La parte più rilevante del documento riguarda la “filiera produttiva”. Vi si spiega che la carta viene “inizializzata” dal Poligrafico (società controllata dal Tesoro), per poi essere consegnata all’Amministrazione della Difesa che provvede alla sua personalizzazione presso il Cms, ovvero il Card management system. La gestione di quest’ultimo è assegnato al Comando C4 dell’Esercito. In sostanza il processo produttivo della carta vede coinvolti Esercito e Poligrafico, con a valle la distribuzione di centinaia di migliaia di tessere. Le quali, per inciso, secondo la stessa direttiva Graziano “hanno un utilizzo anche come risposta a specifiche esigenze ravvisate nei teatri operativi”. Senza contare che la medesima direttiva dice che nelle Cmd dovrebbero essere contenuti pure dati biometrici (vedi le impronte digitali), anche se parrebbero esserci questioni di privacy. Ieri il ministero della Difesa, contattato da La Notizia, ha premesso che nel corso del 2017 lo Stato maggiore della Difesa ha ordinato l’acquisizione di 207mila carte dal Poligrafico, “unico fornitore autorizzato in quanto la Cmd è equiparata a una cosiddetta carta valori”. Dopodiché il Poligrafico, per ogni fornitura di tessere, provvede a bandire gare pubbliche per l’acquisizione delle stesse, chip compreso.
Il nodo – Il punto, ha continuato il ministero, è che “le specifiche funzionali che il Poligrafico utilizza per caratterizzare i chip in acquisizione sono meno ‘stringenti’ delle specifiche tecniche definite dalla Difesa per la sua fornitura”. Pertanto “i chip delle nuove Cmd non garantiscono a priori la compatibilità immediata richiesta”. Tale fattispecie “si è verificata a seguito dell’assegnazione della gara per la fornitura dei 207mila chip posti in acquisizione impedendo, di fatto, la regolare distribuzione delle nuove carte”. Incompatibilità della quale è stata informata anche l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale). Sta di fatto che “al fine di superare le disfunzioni riscontrate e consentire il corretto impiego delle Cmd acquisite, lo Stato maggiore della Difesa, in collaborazione con il Poligrafico, sta conducendo attività di adeguamento”. Tutto questo fa sì, come ha confermato il ministero, che alla data del 9 luglio 2018 risultino 6.097 dipendenti della Difesa senza tessera. Con l’obiettivo, però, di evadere molte richieste entro la fine di agosto. Da segnalare, inoltre, che il supporto sistemistico all’emissione delle Cmd è affidato da alcuni anni alla ditta Atos, chiamata a raccordarsi con il Poligrafico per tutti gli aspetti tecnici della questione. Nei primi anni di vita della carta, invece, la sua implementazione era affidata alle società Siemens, Sun e BluStaff. Il problema, secondo il ministero oggi guidato dalla Trenta, è in corso di risoluzione. Ma è chiaro, data la delicatezza della questione, che l’attenzione non può che rimanere massima.