I 5 Stelle come “un poltronificio”. Con molti parlamentari che “pensano solo al potere”. La deputata Mara Mucci, ex pentastellata e ora nel gruppo Civici e Innovatori, non le manda a dire. E racconta a La Notizia la sua versione su quello che lei definisce uno “snaturamento” del Movimento.
Aveva immaginato un arretramento per i 5 Stelle?
Non è un arretramento. Quando si parla di elezioni Amministrative è normale che si votino liste e persone conosciute direttamente. E il Movimento non ha sviluppato una strategia locale, partendoo dal basso. Questo rientra nel disegno di Casaleggio e Grillo. Ma non è un dato nazionale e non darei per morto il Movimento.
Eppure il M5S nasceva per dare voce alle esigenze territoriali.
Il cambiamento di rotta è stato progressivo. Più passa il tempo e più il Movimento si trova all’antitesi rispetto agli inizi. C’è stato uno snaturamento scellerato, ora l’obiettivo è la conquista del potere: gli eletti vogliono il posto senza cambiare la politica. Si diceva che il Movimento sarebbe dovuto essere un virus…
E invece è stato contagiato dal virus del potere.
Proprio così. Le logiche sono quello del potere. Penso all’accordo sulla legge elettorale che cambia il dna del Movimento e si arriva a rinnegare le preferenze. Anche per questo molte teste pensanti hanno preferito uscire e non si è mai formata una classe dirigente a livello territoriale.
È impossibile un ritorno alle origini?
Grillo e Casaleggio non hanno più il completo controllo: ci sono parlamentari giovani che puntano alla rielezione.
Perciò alcuni territori hanno voltato le spalle al M5S…
Gli attivisti sono passivi . La loro unica “attività” è fare click sui post dei vari parlamentari, e condividere per diffondere. Di riflesso i parlamentari non producono contenuti, ma sono intenti nella critica distruttiva. Facile così. Il Movimento è un contenitore con posizioni volutamente ondivaghe. E chi lo guarda da fuori ha annusato qualcosa di poco limpido.
Insieme agli altri fuoriusciti, quando avete accettato la candidatura, non c’erano avvisaglie di questa “deriva”, su cui pure molti osservatori vi avevano messo in guardia?
I primi segnali sono arrivati con la cacciata di Favia. Ma c’era ancora la speranza che Grillo, come aveva promesso, si sarebbe fatto da parte. Invece appena entrati in Parlamento siamo stati abbandonati e da lì è stato chiaro il disegno teso a cooptare persone e manovrare l’intero gruppo. Per due anni abbiamo provato a cambiare le cose, chiedendo trasparenza. La risposta è stata l’imposizione di un direttorio.
Cosa consiglierebbe ora a un dissidente?
Ha davanti a sé una scelta: terminare il mandato e non candidarsi, abbandonando un movimento truffa. Invece c’è chi spera in una carriera politica, quindi si presenta in un Movimento che ha il 30%. Un buon risvolto occupazionale: del resto parliamo ormai di un poltronificio a tutti gli effetti.
Pensate, su scala nazionale, a un modello-Pizzarotti con i fuoriusciti a formare un “contro-Movimento”?
L’alternativa sul contesto locale può essere fatta in breve tempo. Penso a Pizzarotti ma anche a Marco Fabbri, il sindaco di Comacchio. Il discorso è diverso su base nazionale: non si può creare un movimento in poco tempo. Serve sacrificio per il radicamento. Con Civici e Innovatori ci stiamo provando.
Chi sono gli ipotetici interlocutori di questo progetto politico?
Uno dei modi sani di fare politica è quello fatto dalle associazioni, penso all’associazione Coscioni. Quindi i Radicali Italiani possono essere un interlocutore valido per l’autonomia che hanno conservato. E ovviamente ci sono tante altre realtà associative da provare a coinvolgere.