Dunque sono cominciati i mondiali in Qatar. I mondiali con i diritti calpestati. Il presidente della Fifa Gianni Infantino ha deciso di aprire con un monologo che, se possibile, crea ancora più imbarazzo dei mondiali stessi.
Infantino apre così: “Oggi provo sentimenti molto forti. Oggi mi sento del Qatar. Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano. Oggi mi sento gay. Oggi mi sento disabile. Oggi mi sento un lavoratore migrante. Mi sento come loro perché so cosa si prova ad essere discriminati, ad essere vittime di bullismo come straniero in un paese. A scuola ero vittima di bullismo perché avevo i capelli rossi e le lentiggini. Sono stato vittima di bullismo, in più ero italiano, quindi immagina. Non parlavo bene il tedesco. Cosa fai allora? Ti rinchiudi nella tua stanza, piangi e poi cerchi di farti degli amici. Cerchi di impegnarti… Non inizi ad accusare o litigare, inizi a impegnarti. Questo è quello che dovremmo fare”.
Paragonare i lavoratori morti perché sfruttati, i gay perseguitati perché illegali e i suoi capelli rossi da bambino è un relativismo infantile degno della peggiore retorica.
Ma continuiamo. “Non è facile leggere tutti i giorni tutte queste critiche a decisioni prese 10 anni fa quando non c’era nessuno di noi. Ora tutti sanno che dobbiamo trarne il meglio e fare il miglior Mondiale di sempre. Doha è pronto, il Qatar è pronto, ovviamente sarà il miglior Mondiale di sempre””, dice Infantino. È vero, Infantino 10 anni fa non era nel posto che occupa ora ma non era nemmeno il ragazzi addetto alla macchinetta del caffè. Era segretario generale dell’organo di governo europeo, l’Uefa. Questa roba che ogni volta è colpa dei governi precedenti è tipica italiana.
Dice Infantino: “Cominciamo dai lavoratori migranti. Ci vengono raccontate molte molte lezioni da alcuni europei, il mondo occidentale. Sono europeo. In realtà lo sono. Penso che per quello che noi europei abbiamo fatto negli ultimi 3.000 anni, in tutto il mondo, dovremmo scusarci per i prossimi 3.000 anni prima di iniziare a dare lezioni morali alle persone”.
Infantino sbaglia il punto: la questione se, e fino a che punto, le società europee contemporanee siano responsabili del passato, e debbano forse anche intraprendere una restituzione, rimane un dibattito attivo. La tecnica del “ma anche” però non attacca: non possiamo cambiare gli errori passati ma possiamo non contribuire alla loro ripetizione.
E poi: “Molte organizzazioni hanno riconosciuto che gli standard sui diritti dei lavoratori qui sono simili a quelli dell’Europa occidentale, gli standard sono simili sulla sicurezza. Vediamo cosa succede nei prossimi 10 anni”. Amnesty, nel suo ultimo aggiornamento prima della Coppa del Mondo, afferma che il lavoro forzato continua “senza sosta” in Qatar, in particolare tra i lavoratori della sicurezza e domestici. La paga viene regolarmente trattenuta dai lavoratori, mentre migliaia continuano a lavorare in modo non sicuro.
E infine, dice Infantino: “Se vuoi criticare, vieni da me. Eccomi, puoi crocifiggermi, sono qui per questo. Non criticare il Qatar, non criticare i giocatori, non criticare nessuno, criticare la Fifa, criticare me perché sono responsabile di tutto. Quante occasioni abbiamo per unire il mondo? Vogliamo continuare a sputare sugli altri perché hanno un aspetto diverso o si sentono diversi? Difendiamo i diritti umani. Lo facciamo a modo nostro”.
Se fare notare il mancato rispetto dei diritti è uno “sputare” allora tutto il lirico monologo era solo finzione. Intanto una novità c’è: il ragazzo con i capelli rossi ha imparato a fare il bullo.