Un vero e proprio arsenale di guerra, prima nascosto e poi sparito. Col placet, pare, dello Stato visto che tutto è stato secretato. Siamo nel bunker di Guardia del Moro, sull’isola di Santo Stefano, una delle più splendide di La Maddalena, interamente “coperta” dalla cosiddetta servitù militare, l’istituto che annulla la proprietà, pubblica o privata che sia, in nome degli interessi militari. Un’isola militarizzata, dunque, i cui sotterranei col tempo si sono riempiti di armi. Di ogni tipo. E che ora sono letteralmente sparite nel buio dei traffici, come denunciato dal deputato sardo di Unidos, Mauro Pili, che ha pubblicato le foto dell’incredibile arsenale, prima che venisse svuotato.
Era il 2014… – Proviamo però a capire i contorni di una vicenda a tratti inquietante. È il 2014 quando il ministero della Difesa, allora come oggi diretto da Roberta Pinotti, autorizza la cessione di mitragliatrici lì conservate per rifornire i curdi. “E qui – spiega a La Notizia Pili – la prima pesante discrasia”. In quelle autorizzazioni, infatti, “si parlava in maniera generica di mitragliatrici. Quando chiesi di accedere nel bunker, però, mi fecero entrare solo all’imbocco del tunnel dove c’erano alcuni dei kalashnikov. Furono le uniche armi che mi fecero vedere”. Tempo una settimana, però, e Pili riesce ad ottenere una seconda autorizzazione, questa per andare fin dentro al bunker: “Mi resi conto della montagna di mitragliatrici presenti – ci dice – Chiesi ovviamente se c’erano anche altre armi e negarono. Invece il deposito era di ben altra consistenza, come testimoniano le foto”. Un deposito, come detto, che ora non c’è più.
Lo Stato contro i giudici – Ma la vicenda è, se si vuole, ancora più inquietante. L’armamento nascosto a Santo Stefano era una parte dell’arsenale confiscato 24 anni fa nel canale d’Otranto alla nave mercantile Jadran, un cargo maltese partito dall’Ucraina e diretto in Croazia, ma intercettato e costretto ad ancorare nel porto di Taranto. Nessuno ha mai risposto a riguardo, nonostante siano piovute interrogazioni. E nonostante lo stesso Pili, in un’interpellanza, abbia sottolineato che nei report di viaggio dell’aeronautica militare sia emerso che in quegli anni “sono stati trasportati verso la Sardegna 89.065 chili di potentissime bombe, 1141 colli esplosivi, 15 carri con esplosivi”. Non solo. Nel 2005 anche la magistratura era intervenuta sul caso, ordinando la distruzione di quelle armi. Lo Stato italiano ha però deciso di non eliminare nulla e tenere tutto lì.
“Sconcerta sapere – commenta a riguardo Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (Opal) – che un ampio arsenale di armi, che avrebbero dovuto essere distrutte già da anni, sia stato conservato per così lungo tempo. È perciò di fondamentale importanza che il ministero della Difesa faccia piena chiarezza in Parlamento”. Non è un caso che la richiesta di Pili a riguardo sia chiara: “Presenterò un’interrogazione. In uno Stato democratico e trasparente, è necessario conoscere la contabilità esatta di queste armi e sapere dove siano finite”. Perché il rischio è piuttosto concreto: “Negli ambienti si parla di rifornimenti militari alla Libia. I tre governi libici che si sono alternati dopo Gheddafi, da qualcuno avranno preso le armi…”.
Il precedente – Ma c’è di più. Ciò che potrebbe apparire una vicenda isolata, in realtà non lo è. Rete per il Disarmo già nel 2011, tramite una lettera inviata all’allora presidente della Repubblica chiedeva: “perché il segreto di Stato deve servire per nascondere i traffici di armi?”. Anche in quell’occasione, infatti, il Governo decise l’imposizione del segreto di Stato su una consegna di armi partite dal nostro Paese. Una scelta d’imperio che di fatto bloccò le indagini che la magistratura di Tempio Pausania stava conducendo sulla destinazione finale di un carico di armamenti sovietici sequestrati nel 1994 e che, su ordine del Tribunale di Torino, avrebbe dovuto essere distrutto. Avrebbero appunto. Anche allora. “Non è accettabile che anche oggi, com’è già successo, venga apposto il segreto di Stato – continua Beretta – soprattutto se una parte di quell’arsenale è stata inviata a gruppi esteri in aperta violazione degli embarghi internazionali di armi”. Un dubbio, per quanto detto, fondato.
Tw: @CarmineGazzanni