Il fondo salva Stati continua a tenere banco: oggi Giuseppe Conte è in Parlamento in vista dell’imminente appuntamento a Bruxelles di domani e venerdì. Come sempre accade, la partecipazione del premier ad ogni Consiglio europeo è preceduta da un passaggio in aula e dall’incontro con il presidente della Repubblica, nessuna novità procedurale quindi, se non fosse che lo scontro sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) da settimane ha fatto alzare la temperatura tra i partiti sia di maggioranza che di opposizione. E questa volta, a differenza di quanto avvenuto lunedì scorso, è previsto un voto sulle risoluzioni che i vari gruppi presenteranno. “Il Mes può essere migliorato, certo”.
Ne è convinto il professor Enrico Giovannini ordinario di Statistica economica all’Università di Roma Tor Vergata, già presidente dell’Istat e ministro del Lavoro del Governo Letta. “E’ stato immaginato per aiutare Paesi in difficoltà ed evitare crisi come quelle vissute nel 2012. L’Unione monetaria, con il trattato di Maastricht, fu disegnata per assorbire piccoli shock ma quelli che abbiamo vissuto nel 2012 sono stai grandi shock, per cui l’istituzione del Mes fu uno dei modi per aiutare i Paesi a farvi fronte. Non è corretto dire che possa mettere a rischio i risparmi degli italiani, come dicono alcuni leader politici”.
Il leader della Lega in particolare sostiene che i soldi italiani che confluiranno nel fondo potrebbero servire per salvare le banche tedesche. È così?
“Il Mes ha la funzione di evitare contagi di crisi incontrollabili, sia che esse nascano dalla Grecia, dall’Italia, dalla Francia o dalla Germania. Che il Mes serva a evitare crisi sistemiche ovunque si sviluppino è un’ottima cosa”.
Se l’Italia dovesse aver bisogno di attingere a questo fondo dovrebbe contestualmente ristrutturare il debito?
“L’Italia è un Paese troppo grande perché vi sia l’ipotesi di fallimento ma è anche troppo grande per essere salvata dal Mes. Non dovremmo metterci in una condizione tale da essere salvati, questo è il vero punto: una cosa è il salvataggio di una o due banche, ben altra è il salvataggio di un Paese come il nostro”.
E’ d’accordo sul fatto che il governo debba assicurare l’equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell’Unione economica e monetaria, nella cosiddetta logica di “pacchetto” Mes, Bicc, Unione bancaria?
“Che il Mes sia parte del miglioramento dell’unione monetaria e finanziaria non vi è dubbio, è un elemento che può concorrere a dotare l’unione monetaria di strumenti necessari in caso di crisi. Che poi però sia mai successo che l’Europa abbia deciso su ‘pacchettoni’, questo di fatto non è mai accaduto. Ma queste sono tematiche negoziali che spettano ai vertici politici”.
Una discussione in Parlamento era comunque necessaria?
“Sa quanto il Parlamento discusse prima di ratificare il trattato di Maastricht? Undici minuti. Che il Parlamento e le forze politiche dibattano di questi temi è positivo ma va fatto al momento giusto, e sarebbe opportuno che l’attenzione che stiamo mettendo sul Mes venisse messa anche su altre questioni fondamentali da cui dipende il nostro futuro. Una su tutte: il piano integrato energia-clima che dobbiamo rimandare a Bruxelles entro la fine dell’anno da cui dipenderà il nostro tragitto verso la decarbonizzazione nel 2050. Anche perché l’Europa determina ormai il 60 per cento e oltre delle normative nazionali, se ne dovrebbe discutere. Il problema è che se ne dibatte per una settimana e dopo sei mesi nessuno se ne ricorda più”.