“Ha ragione il ministro Tria: è solo una battuta d’arresto dovuta a una crisi mondiale. Non c’è recessione”. Il professor Giulio Sapelli, economista di lungo corso e autorevole conoscitore dei meccanismi finanziari, offre come sempre una lettura a largo raggio di quanto sta accadendo in campo economico. In Italia e nel mondo. “Il problema è che c’è una preoccupazione diffusa a livello globale”.
Perché, professore?
“Perché la Cina ha abbassato le sue importazioni in modo radicale. Di fatto, Pechino ha smesso di crescere e non è compensata dall’India che ancora arranca. E poi c’è una crisi delle corporation americane: se lei pensa che gran parte dei loro clienti investe in tutto il mondo, ha un’idea complessiva della crisi mondiale”.
E l’Europa?
“L’Europa non è da meno. Questa crisi è arrivata anche da noi, ovviamente. Anzi: noi siamo da 20 anni in una crisi da deflazione: non riusciamo neanche a raggiungere il 2% dei prezzi e così il tasso dei profitti delle piccole e medie imprese e delle corporation scende”.
La battuta d’arresto, dunque, dipende da una crisi internazionale?
“Esattamente. Quando tu metti in piedi, come si è inverato nel mondo, un sistema economico fondato esclusivamente sull’esportazione, appena hai una crisi del commercio mondiale, crolla tutto. Ricordo che sono circa 10 anni che falliscono a ripetizione le grandi compagnie di shipping, quelle dei container per intenderci. Adesso hanno cominciato a fallire anche quelle della Corea del Sud”.
Come mai non ci si è mossi in un’ottica preventiva?
“Guardi, in 20 anni non siamo stati in grado di fare un accordo multilaterale sul commercio mondiale. È una crisi che si trascina dal 2007”.
Di fatto, allora, non siamo mai usciti dalla crisi?
“Appunto. Una vera ripresa non c’è mai stata. C’è stata solo una ripresa in campo finanziario perché le corporation hanno comprato azioni proprie, sono salite in borsa, ma continuano a perdere occupati. Siamo davanti a una crisi radicale”.
Come se ne esce?
“L’unica risposta sono gli investimenti, ma in Europa gli investimenti non esistono. Le faccio una domanda”.
Mi dica.
Lei l’ha visto il piano Juncker sugli investimenti?
“In effetti no…”.
“Non se n’è saputo più nulla. La storia del debito pubblico che la Commissione Ue propina sempre, non regge, è una stupidaggine. Il Giappone ha il 300% di debito e il 3% di disoccupazione e questo perché lì fanno investimenti, privati e pubblici. D’altronde il ministro Tria l’ha detto chiaramente: servono investimenti. Come ha detto sempre anche il professor Savona. Purtroppo è un’ideologia da scardinare”.
A proposito di ideologia: dall’Europa arrivano sempre stime fondate su parametri intesi come scientifici…
“Macché, sono assolutamente sbagliati”.
Cioè non sono affidabili?
“Non sono affidabili. Questa fissazione tedesca del debito pubblico non dice nulla dell’economia e di come vive la gente. Fino a 20 anni, quando l’economia era affidata a economisti e non ai matematici, il principio fondamentale era l’occupazione. Quand’era che un’economia viaggiava in floride acque? Se creava piena occupazione. Lei ha mai sentito parlare negli ultimi anni di indicatore del piano di occupazione? No, mai”.
Oggi chi comanda?
“Chi ha una mentalità speculativa. Se parli di debito vuol dire che fai speculazione sui titoli di Stato. Hanno vinto i finanzieri sugli industriali. Bisogna tornare all’industria, bisognerebbe riscoprire il saint-simonismo in questo”.
Intanto, però, l’Italia vende Btp a 30 anni. Chi ha ragione?
“Hanno ragione quelli che comprano i Btp e i Bond. Con una Banca Centrale Europea in mano a persone irresponsabili, un Paese che vende i Btp di questo tipo è indice di una fiducia diffusa nel nostro Paese. A non avere fiducia sono quegli economisti di serie “z” tanto alla moda che dal punto di vista scientifico valgono poco”.
Come si vince questa battaglia?
“Bisogna vincerla in campo filosofico prima ancora che politico: questo tipo di economia si è rivelato totalmente sbagliato. E non a caso da 20 anni ci sta portando-alla rovina”.