Da 22 anni Tony Severo e Rosario Pellecchia sono una delle coppie più ascoltate e meglio affiatate della radiofonia italiana, ma il successo parte da ancora più lontano, con una carriera ricca di accoppiate importanti e di programmi ben riusciti.
Che ricordi ti sono rimasti della prima esperienza importante nella milanese Radio Studio Elle?
“Una serie enorme di impagabili esperienze! Ricordo con affetto i chilometri fatti e i grandi DJ con cui ho avuto il piacere di lavorare. All’inizio facevo avanti e indietro durante il servizio militare, 1981. Alla libera uscita saltavo sul treno da Milano Porta Genova per Abbiategrasso e lì registravo per la mattina dopo, andavo in onda alle 7. Dopo di me, in ordine sparso, Marco Galli, Angelo De Robertis, Daniele Milani, Joe T Vannelli e tanti altri. Erano anni dove in radio andava fatto un po’ di tutto e non parlo solo di spolverare i dischi. Io mi occupavo anche della parte tecnica, amavo andare a ispezionare i ripetitori, scegliere le apparecchiature, i microfoni. Anni dopo, col trasferimento della radio a Milano, ho continuato con Joe, Andrea De Nisco, Daniele Sassi, diventati poi doppiatori. Era il periodo dove la Tv, il doppiaggio e la pubblicità facevano da padrone e io, con gli altri, frequentai una scuola di dizione, di recitazione e di doppiaggio. Passavamo in radio tutto il giorno, dal lunedì al sabato e la domenica poi si usciva insieme. Si litigava per la musica, per la dizione, per le frequenze… e intanto si cresceva. Una grande famiglia”.
Approdato a Radio Deejay nel 1987 hai ereditato un compito pesante, quello di sostituire Gerry Scotti nella conduzione del programma del mattino, che periodo è stato?
“In realtà non lo sapevo, ascoltavo Radio 105 quando mi chiamarono, non sapevo neanche che Claudio fosse il proprietario. Quando Valerio Gallorini me lo presentò pensai fosse proprio una bella fortuna avere avuto anche lui come collega. Presi l’eredità di Gerry e Daniele Milani (come vedi i nomi si ripetono) non solo al mattino dalle 7, ma anche alle 13 con “Il Broccolo”. Fu abbastanza facile, tentai di essere me stesso, è stato uno dei migliori momenti della mia carriera. DeeJay, grazie a Claudio, era una macchina perfetta, tutto e tutti lavoravano per il brand, per il successo, dal primo DJ al fattorino. Una grandissima lezione di vita e di stile”.
Con Fiorello hai cominciato quella trasmissione che poi negli anni sarebbe diventata uno dei punti di riferimento della radiofonia italiana…
“Sì, è vero, facevo già le 13 con “Il Broccolo”. E al termine naturale del ciclo fui affiancato da Fiorello, arrivato direttamente da un villaggio turistico. O meglio, fui io messo al suo fianco, era come pilotare un jet impazzito. Lui era un vulcano di idee, di battute, e io dovevo renderle radiofoniche, controllarle, regolarle. Ciuri avrebbe parlato ininterrottamente per 24 ore, forse lo faceva, io a una certa me la battevo. Si chiamava “Stessa ora, stessa radio, stesso programma”, una sorta di invito… ci sentiamo domani, alla stessa ora… Moltissimi personaggi inventati in quell’anno di programma con Fiorello hanno continuato a esistere anche dopo”.
Tra le tante interviste importanti realizzate nella tua carriera quali ricordi con particolare piacere o come più divertenti?
“Non è facile rispondere. La più difficile? I Coldplay. La più antipatica? I Duran Duran. I più simpatici? Tutti gli altri. Da Robbie Williams, a Sting, da Lorenzo a Cesare e a tutti gli attori. I più matti? Favino e Rocco Papaleo. Le più belle? Miriam Leone, Anna Valle e tutte le altre donne eh eh! E poi… cos’ha detto di me Valeria Golino? Che assomiglio ad Al Pacino! Ho intervistato con Ross tutti gli attori e registi italiani, ultimo Tony Servillo, mancava all’appello. Ho incontrato tutti i grandi con un po’ di timore, Vecchioni, Dalla, De Gregori, Rossi, Baglioni; ho visto crescere Cesare Cremonini, Tiziano Ferro, Elisa, Giorgia, i Maneskin. E di ognuno ricordo il nostro incontro come un successo”.
Oltre che svolgere l’attività di speaker sei anche il direttore artistico di uno studio di produzioni pubblicitarie. Cosa ti affascina di questo lavoro?
“Come doppiatore ero una mezza schifezza, negli anni ‘90 il doppiaggio era appannaggio solo di grandi professionisti, (non come adesso dove il doppiaggio segue regole di costi e tempi di lavorazione che non gli permettono… ma me lo tengo per un’altra intervista). Invece ero molto bravo come speaker pubblicitario e il mio sogno era creare una sorta di officina, di laboratorio, per valorizzare voci e pubblicità. Creare uno studio è stato quasi un passo obbligato. Sono alla mia seconda avventura, si chiama BEEMEDIA. Dopo il mio programma, 105 Friends, è il piacere più grande che provo, quello di dirigere gli attori, creare uno script, trovare un’idea per un brand mi esalta tantissimo. Ho fatto crescere tantissimi speaker, incanalando i loro talenti ed esaltando le loro caratteristiche vocali. Mi vengono affidate tantissime campagne pubblicitarie, soprattutto radiofoniche e io ripago questa fiducia con tanto impegno, tutta la mia esperienza e la mia selezione di artisti. Appena posso però, ora, vado su per i monti in MTB, ma anche questa è per un’altra intervista…”.