di Enrico Franceschini da REPUBBLICA
“Tiranno”. “Dittatore”. “Pazzo”. Ci va giù pesante, la stampa inglese, su Paolo Di Canio, l’unico italiano ad allenare in Premier League fino a domenica, quando è stato esonerato dal Sunderland.
Ma non sono state le quattro sconfitte in cinque gare e l’ultimo posto in classifica a farlo cacciare, rivelano le indiscrezioni, bensì una vera e propria rivolta dei giocatori contro il tecnico, inclusa la minaccia di scioperare, se l’ex-laziale fosse rimasto al suo posto.
Sabato sera, dopo l’ennesima batosta (3-0 con il West Bromwich), nella conferenza stampa post partita Di Canio aveva detto che i suoi uomini avevano «immondizia al posto del cervello», e poi ha sbattuto loro in faccia le stesse critiche nello spogliatoio.
Senonché i giocatori hanno reagito, prima rispondendogli per le rime, poi trovando il modo di fare sapere ai dirigenti che non ne potevano più e avrebbero incrociato le gambe, si fa per dire, se Di Canio non fosse stato licenziato. Il management ha informato il proprietario Ellis Short, colui che aveva voluto Di Canio nonostante le resistenze di chi ricordava i saluti romani e le apparenti apologie del fascismo.
E il boss, sia pure a malincuore, ha capito che c’è un limite a tutto, mettendo fine all’esperienza di Di Canio in Premier, dopo solo tre vittorie su tredici partite, fra quelle della passata stagione, quando prese in mano la squadra a fine marzo salvandola, e quelle di quella in corso. «Di Canio adorava Ferguson, ma non ha applicato una lezione fondamentale del mitico allenatore del Manchester United, non criticare mai i suoi giocatori in pubblico», scrive un columnist del Sun. Gli episodi al riguardo abbondano. Se l’è presa con il capitano John O’Shea per uno sgambetto da rigore, con Ji Dong-Won per aver tirato indietro la testa su un cross, ha multato sette giocatori perché non giocavano con “dignità”, sospeso il difensore Phil Bardsley per un commento su Twitter, allontanato perfino un massaggiatore perché troppo amico dei giocatori. Non perdeva occasione per parlare male del gruppo: «Non posso cambiargli il cuore, purtroppo». Un conto è la disciplina, commenta il Mail, un altro “comportarsi da tiranno”. Giovedì, quando è finita la conferenza stampa pre-partita, un giocatore ha messo la testa dentro la sala dopo che l’allenatore se n’era andato e ha detto ai giornalisti: «A chi ha dato la colpa, stavolta?».
Adesso il Sunderland cerca un sostituto. Gianfranco Zola ha detto di no, preferendo restare al Watford nella “B” inglese, Roberto Di Matteo non sembra interessato a passare dalla Champions con il Chelsea alla lotta per la retrocessione. Dopo gli anni di Ranieri, Ancelotti e Mancini, per tacere di Capello alla nazionale, la Premier potrebbe restare senza italiani in panchina.