Il grano brucia, la produzione crolla del 20%. L’allarme di Coldiretti

La siccità e la concorrenza sleale dei cereali esteri mettono a rischio la produzione agricola italiana e la qualità del grano

Il grano brucia, la produzione crolla del 20%. L’allarme di Coldiretti

Dicono quelli che stanno al governo (non tutti ma molti) che quest’anno il freschino che sentono sotto casa sbugiardi gli allarmi sulla crisi climatica e che la loro priorità sia di difendere le produzioni italiane. La siccità sta bruciando un campo su cinque provocando un crollo della produzione del 20% mentre l’importazione di grani esteri meno controllati sta mettendo in difficoltà i produttori italiani. A lanciare l’allarme non sono degli eco-terroristi, ma è la Coldiretti che oggi denuncia una situazione è disperata, soprattutto in Puglia e Sicilia, dove le rese per ettaro sono quasi dimezzate e molte aziende hanno rinunciato alla raccolta. 

Il quadro, già cupo, è aggravato dalla concorrenza sleale. Nei primi tre mesi del 2024, l’Italia ha visto un’invasione di cereali esteri, con oltre 2,1 miliardi di chili di grano varcare i confini, un incremento del 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il paradosso è evidente: mentre il grano italiano stenta a crescere, i mercati sono invasi da prodotti di dubbia qualità provenienti da Turchia, Kazakhistan e Ucraina. La prima quotazione del grano alla borsa merci di Foggia è stata di 13 euro alla tonnellata in meno rispetto all’ultima quotazione del 2023, una cifra che non copre nemmeno i costi di produzione.

Crisi climatica e concorrenza sleale: la lotta per la sopravvivenza dell’agricoltura italiana

La Coldiretti denuncia l’uso di sostanze vietate in Europa nei paesi esportatori. La Turchia, ad esempio, utilizza fungicidi come il Carbendazim e il Malathion, tossici per le api e sospetti cancerogeni. Lo stesso vale per il grano ucraino, trattato con il Chlorothalonil, anch’esso sospetto cancerogeno. Di fronte a questo panorama, il futuro di circa duecentomila aziende agricole italiane è a rischio, e con esso, la qualità del grano duro destinato alla pasta, orgoglio e simbolo della nostra cultura gastronomica.

Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, non usa mezzi termini: “Occorre far rispettare il principio di reciprocità sulle importazioni. Non possiamo tollerare l’invasione di grano trattato con sostanze vietate da decenni da noi”. La richiesta è chiara: ridurre la dipendenza dall’estero, promuovendo accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con obiettivi chiari e prezzi equi che coprano i costi di produzione.

Ma la soluzione non è solo economica. Per Coldiretti serve “un investimento serio contro i cambiamenti climatici”, accelerando l’impiego delle nuove tecniche di evoluzione assistita (Tea) e realizzando bacini di accumulo delle acque piovane. E non meno importante, è la necessità di contrastare l’invasione della fauna selvatica che costringe molte aree interne all’abbandono dei terreni.

Soluzioni e richieste di Coldiretti: reciprocità, investimenti climatici e contrasto alla fauna selvatica

La situazione attuale non è solo una questione di mercato ma secondo Coldiretti “una battaglia per la sopravvivenza dell’agricoltura italiana”. È una “lotta contro il tempo, il clima e un mercato globale che spesso gioca con regole sleali”. La qualità del grano italiano, riconosciuta come mediamente buona-ottima, “deve essere protetta e valorizzata”. “Non possiamo permettere che le nostre campagne, simbolo di tradizione e qualità, siano schiacciate dalla concorrenza estera e da un clima impietoso”, scrivono. 

Qui si arriva al tilt. La principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo è la cartina tornasole di come la mistificazione del cambiamento climatico possa essere utile a raccogliere voti ma sia pericolosa se applicata alle azioni di un governo. Per difendere il “made in Italy” non basta la carta intestata di un nuovo ministero e non serve illudersi che la catastrofe sia solo un’ideologia. La transizione non è una zuffa antiscientifica sul motore dell’auto nel box. È una questione di “sopravvivenza”. Parola di Coldiretti.