Per Matteo Renzi, sulla prescrizione, gli italiani non avrebbero le idee chiare. Anzi, tra gli elettori interpellati dai sondaggisti, secondo i quali il 59% degli intervistati sarebbe favorevole alla riforma della prescrizione che porta la firma del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, solo il 5% – sostiene l’ex rottamatiore che sull’argomento ha rottamato soprattutto se stesso – “sa di cosa stiamo parlando”. Un dubbio, per la verità, che a leggere certe sue datate dichiarazioni, qualcuno potrebbe sollevare anche nei suoi confronti. “Ci sono due modi per concepire il caso Eternit: o la vicenda non è un reato o se lo è, ma è prescritto, vanno cambiate regole sulla prescrizione perché non è possibile che le regole facciano saltare la domanda di giustizia. Non ci dev’essere modo di chiudere la partita velocemente perché tanto la domanda giustizia viene meno: no, la domanda di giustizia non viene meno”, diceva lo statista di Rignano sull’Arno il 20 novembre 2014.
SENZA SENSO. Certo, in un Paese con la memoria corta come l’Italia, cambiare idea è un lusso che i politici – certi politici – possono sempre permettersi: difficilmente più di qualcuno gliene chiederà conto. Ma nel caso delle spericolate battaglie di Renzi resta tuttavia una domanda alla quale innanzitutto lui, l’ex rottamatore del Pd, portato in due anni dall’oltre 40% delle Europee del 2014 al circa 18% delle Politiche del 2018, l’ex premier che promise (ma non mantenne) di ritirarsi dalla politica se avesse perso (come perse) il referendum sulla sua cervellotica riforma della Costituzione, dovrebbe rispondere. Dove vuole arrivare con la sua crociata sulla prescrizione? Quesito legittimo, visto l’andamento dei sondaggi che danno la sua Italia più morta che Viva intorno al 4%. Roba da elettroencefalogramma piatto e non potrebbe essere diversamente.
Bravissimo a ritagliarsi visibilità mediatica, grazie anche alla complicità dei soliti giornaloni, foraggiati per anni con paginoni milionari di pubblicità sonante dai Benetton e dai signori del casello, gli stessi che guarda caso Renzi continua a difendere sostenendo l’insostenibile di fronte alle legittime richieste di revoca delle concessioni dei Cinque Stelle dopo la tragedia del Ponte Morandi. Meno bravo a conquistarsi i voti di quel che resta di Forza Italia cavalcando, come nel caso della prescrizione, uno dei temi per anni monopolio assoluto di Silvio Berlusconi. Perché gli elettori spaventati dalla riforma Bonafede dovrebbero scegliere il surrogato Renzi quando possono tenersi stretto l’originale? Lo specialista delle leggi ad personam, dalla ex Cirielli in poi, studiate per anni a tavolino per ammazzare i processi, garantire (e garantirsi) l’impunità a corrotti e ladri di Stato?
Certo, ci vuole coraggio a contendere un simile primato al Cavaliere e a Renzi – contento lui – va riconosciuto. Che la sua crociata porti a qualcosa di buono per la sua Italia (poco) Viva resta però tutto da dimostrare. L’ultimatum al Governo, di fronte all’intesa sul lodo Conte bis raggiunta dagli altri tre azionisti della maggioranza, si è trasformato intanto in un ultimatum al ministro Bonafede, che i renziani minacciano di sfiduciare al Senato sommando i loro voti a quelli di Lega, FI e FdI. Vedremo come andrà a finire. Certo, il Guardasigilli rischia di dire addio alla sua avventura nell’Esecutivo, ma l’inevitabile implosione dei giallorossi, per la sfiducia ad un ministro su iniziativa di uno degli alleati potrebbe rivelarsi un suicidio proprio per Renzi. Tornare al voto con il Rosatellum, la legge elettorale coniata, ironia della sorte, proprio da un renziano doc equivarrebbe all’eutanasia.