Dall’Abruzzo, terra che ospita la tomba di Celestino V, a pronunciare il “gran rifiuto”, stavolta, non è il rappresentante di Pietro in terra, ma un pezzo da novanta del potere temporale. “Sono per il no alle trivelle, le trivelle passano per la valutazione di impatto ambientale, e io non le firmo”, ha lanciato, da Pescara, il guanto di sfida il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. “Mi sfiduciano come ministro? Torno a fare il generale dei Carabinieri, lo dico con franchezza”, ha tagliato corto rivolgendosi (senza citarlo) all’alleato leghista che sul tema delle perforazioni ha cambiato decisamente bandiera. Dall’opposizione senza se e senza ma, ai tempi della battaglia referendaria No-Triv del 2016, al contrordine delle ultime settimane impartito direttamente da Matteo Salvini. Risultato: la matassa non si sbroglia e rischia ora di creare nuove tensioni nella maggioranza.
Al fianco della candidata M5S alla presidenza della Regione Abruzzo, Sara Marcozzi, a più o meno due settimane dalle Regionali del prossimo 10 febbraio, Costa tira la stoccata alla Lega parlando della riforma della Commissione Via. “Non firmo e non firmerò autorizzazioni a trivellare il Paese anche se dovesse esserci il parere positivo della Commissione Via-Vas – ha avvertito il ministro -. Le alternative ci sono. Si chiamano energie rinnovabili’ se bisogna investire è quella la direzione”. Ma non è tutto. Passa qualche ora e il generale dell’Arma prestato all’Esecutivo torna sulla questione anche dal suo profilo Facebook.
“Ricordo che un miliardo di euro investito in rinnovabili ed efficientamento energetico crea fino a 13 mila posti di lavoro – ha aggiunto -. E’ anche una questione economica: vogliamo puntare sulle fossili, che impoveriscono il territorio e che creano pochi posti di lavoro o sulle rinnovabili, perseguendo gli obiettivi di sostenibilità europei, aiutando il clima e creando tanti posti di lavoro?”. Quesito seguito da un’ultima domanda alla quale è lo stesso Costa a dare una risposta: “Mi farò dei nemici? Saranno gli stessi nemici dell’ambiente e del Paese”.
Parole che non sono certo passate inosservate tra gli alleati della Lega. “Bisogna distinguere il piano: c’è un piano politico e un piano tecnico. Se il Parlamento politicamente prende una decisione, quale che sia, il ministro non può che prenderne atto”, gli ha replicato a stretto giro il sottosegretario all’Economia (del Carroccio), Massimo Garavaglia, parlando all’Agenzia Italia. Entrando nel merito della situazione di “stallo” totale nelle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato, alle prese con il decreto Semplificazioni. E il relativo emendamento blocca-trivelle del ministero dello Sviluppo economico, guidato da Luigi Di Maio, che sospende di fatto i permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati, nonché i procedimenti per il rilascio di nuovi permessi di prospezione o di ricerca o di coltivazione di idrocarburi.
Uno stallo che, ha ribadito Garavaglia, va risolto politicamente in Parlamento. “Noi l’attenzione che poniamo è a trovare una posizione equilibrata che eviti la chiusura di siti produttivi e quindi conseguentemente la perdita di posti di lavoro – ha aggiunto il sottosegretario -. L’importante è non fare danni”. Posizione ribadita poi anche da fonti della Lega: “L’emendamento M5S va modificato o l’impasse in Senato non si sbloccherà”. Ma i Cinque Stelle non arretrano. E non escludono che possa saltare l’intero decreto.