“Il governo ha rimesso al centro parole come natalità e famiglia”. Senza fare facile ironia, suona un po’ paradossale dopo tutto l’affaire Giambruno. Fatto sta che la ministra Eugenia Roccella ieri ha parlato del (presunto) impegno sul fronte del welfare e della famiglia da parte del governo guidato da Giorgia Meloni. Essere il ministro della Famiglia, ha detto, “significa battersi per restituire cittadinanza a parole che erano state quasi bandite dalla scena pubblica, e non solo in Italia: famiglia, genitorialità, maternità, natalità. Noi le abbiamo rimesse al centro facendone un programma e una priorità di governo”. Segnare in rosso: “piorità di governo”.
Ieri la ministra Roccella ha parlato del (presunto) impegno sul fronte del welfare e della famiglia da parte del governo
Ma la Roccella si è spinta anche oltre, sottolineando che l’azione dell’esecutivo è stata indirizzata a fare in modo che “metter su famiglia o fare dei figli non sia una scelta vissuta come penalizzante ma sia anzi socialmente premiante. Significa, insomma, rendere le persone libere di fare i figli che desiderano. E significa fare tutto questo in modo nuovo, rispondendo alle esigenze della contemporaneità”. Ed ecco, poi, le cifre: la Roccella, infatti, ha parlato, nell’intervista rilasciata al Tempo, si ben due miliari e mezzo stanziati per la famiglia.
C’è qualcuno – o, per meglio dire, più di qualcuno – che non la pensa proprio così. A cominciare dal presidente dell’Anci, il sindaco di Bari Antonio Decaro: “Tutto è importante, ma la situazione sociale è in cima alle nostre preoccupazioni. Noi speriamo che tutta la politica nazionale, a ogni livello di governo, abbia contezza di quanto sta accadendo nelle nostre città e nei nostri comuni. Qualche volta abbiamo l’impressione che parlando di questi temi si prendano in considerazione solo i numeri delle statistiche, in maniera un po’ astratta”.
Appena 900 nidi ammessi ai fondi Ue. Ma la Roccella blatera di aiuti e sostegni alle famiglie
Il problema, ha detto Decaro nell’intervista rilasciata al Secolo XIX, è il fatto che dietro i numeri, per chi fa politica sul territorio, ci sono “i volti delle persone in carne e ossa che si presentano ai nostri servizi sociali per chiedere aiuto, che purtroppo sono costrette e mettersi in fila davanti alle mense pubbliche, o che sempre più stanno perdendo qualsiasi speranza di futuro. Siamo preoccupati che questa tensione possa presto sfuggire al nostro controllo soprattutto perché ai Comuni non vengono forniti gli strumenti per far fronte a una emergenza che inevitabilmente si scarica si di loro”. È per questo che, a detta dei sindaci d’Italia, i fondi sono insufficienti e, soprattutto, di difficile gestione.
Anche perché è difficile non sentirsi involontariamente presi in giro se dal governo si insiste su parole come “natalità” e “famiglia” e poi, com’è emerso candidamente anche nelle settimane precedenti, i soldi del Pnrr destinati agli asili nido sono insufficienti e, appunto, gestiti male. Degli oltre 2.500 progetti ammessi al finanziamento del Pnrr nell’ambito del Piano per gli asili nido (missione 4, componente 1, investimento 1.1), sono meno di mille (circa 900) quelli che prevedono la creazione di nuove strutture per bambini tra zero e due anni. Gli altri sono ampliamenti di asili nido già esistenti, ristrutturazioni e lavori di messa in sicurezza. Non solo. Sono appena 483, finanziati con 628 milioni di euro, i «nuovi» asili nido che verranno costruiti nelle regioni del Mezzogiorno, dove oggi l’indice di copertura è fermo a 15,2 posti ogni 100 bambini tra zero e due anni (a fronte di una media italiana di 27,2 ogni 100). Difficile pensare alle parole messe al centro dal governo. Anche perché così le parole se le porta via il vento.