Dai Fridays for Future l’impressione è che siamo passati direttamente al “Venerdì 13” dell’ecologia e, com’è noto non solo ai più scaramantici, la ricorrenza non è particolarmente fortunata. Il Senato imbrattato, i fucili puntati nelle città contro i cinghiali, l’impossibilità di trovare agevolmente una colonnina per ricaricare la propria auto elettrica diventando protagonista della mobilità sostenibile.
La fotografia del nostro Paese è a tinte cupissime per quanto riguarda l’ecologia e l’educazione alla stessa
Magari imparando a fare virtuosamente la gimcana tra gli strabordanti secchi della spazzatura che invadono non una cittadina di periferia (e comunque sarebbe un problema!), ma la Capitale! La fotografia del nostro Paese è a tinte cupissime per quanto riguarda l’ecologia e l’educazione alla stessa, che andrebbe promossa, e le responsabilità di tale disastro sembrano essere distribuite tanto a livello di governo centrale quanto a livello amministrativo, con rimpalli costanti tra Regioni e Comuni.
I cittadini, in modo particolare i più giovani, sono desiderosi e capaci di sposare una condotta ecosostenibile non perseguendo ideali astratti, ma col pragmatismo di chi sa quanto i cambiamenti climatici alterino sensibilmente la qualità della vita aumentandone i fattori di rischio. Sono proprio i giovani – e pensiamo anche al fenomeno “Greta Thunberg” – che si impegnano attivamente nel cercare soluzioni per la lotta al cambiamento climatico prendendo parte ai processi decisionali dai quali, fino a non troppo tempo fa, venivano esclusi.
Dalla Cop26 è stato avviato in maniera più efficace il processo inclusivo di partecipazione dei giovani ai negoziati sul clima compendiato nel “Glasgow Climate Pact” e che trova compimento solo nella COP27 nel “Global Youth Statement” e che ha visto la partecipazione del più alto numero di giovani da sempre, oltre mille provenienti da 149 paesi.
Questi giovani, sulle cui spalle grava il fardello dei nostri errori, esigono risposte e proposte dalla politica che non può considerare il tema ambientale solo quando fa opposizione, o è in campagna elettorale. Proprio alla COP27, tenutasi nemmeno due mesi fa, l’intervento dell’attuale premier – che si mostra sorda all’emergenza climatica – andava nella limpida direzione di una lotta all’ambientalismo ideologico, annunciando contestualmente un ripristino delle trivellazioni nell’Adriatico.
Riavvolgendo il nastro del tempo e riandando al 2016 la stessa Giorgia Meloni in occasione del referendum anti-trivelle diceva: “andiamo a votare sì al referendum per dire basta alle trivellazioni, basta all’inquinamento del nostro mare e basta ad un governo ipocrita e servo dei poteri forti che sta affamando il popolo italiano per fare gli interessi di amici e parenti”.
La Meloni, dunque, è incoerente? Oggi per il suo ruolo deve avere a che fare con i poteri forti, e quindi – come un Giano bifronte – cambia faccia con prontezza, tenendo conto di “amici e parenti”, come diceva quando era libera dalle responsabilità del governo.
Nel suo discorso di fine anno il Presidente Mattarella ci ha invitati a “leggere il presente con gli occhi di domani”, ma che domani ci aspetta con le attuali politiche ambientali promosse dall’Esecutivo? Il governo si sta macchiando di una grave colpa, che di certo non andrà via come quella sulla facciata del Senato.