Dice Giorgia Meloni di essere “stufa” degli attacchi al suo governo. Avrebbe un senso se non fosse la stessa Meloni che solo con gli attacchi, solo con quelli, è riuscita a racimolare voti stando da sola seduta all’opposizione. Con Giorgia Meloni non è d’accordo nessuno, il suo governo è riuscito nell’improba impresa di mettere d’accordo Confindustria e sindacati, oltre all’Ocse, a Bankitalia e tutto il resto.
Chi sperava nella rivoluzione sovranista si è ritrovato un governo fotocopia di Draghi
Così Meloni ha deciso di mandare in avanscoperta il suo sottosegretario Giovanbattista Fazzolari per dire quello che avrebbe detto in prima persona se non fosse a Palazzo Chigi, dove un minimo di compostezza istituzionale è richiesta per stare a galla. Ma il problema di Giorgia Meloni di cui nessuno parla in questi giorni sono anche i suoi elettori.
Sì, gli elettori che continuano a crescere nei sondaggi l’hanno votata per avere ”una svolta” cha non è nemmeno all’orizzonte. Gli ex elettori di Salvini che hanno deciso di traslocare in Fratelli d’Italia, ad esempio, l’hanno fatto in gran parte perché ritenevano il leader leghista troppo morbido con la linea Draghi e con i diktat dell’Ue e finora hanno dovuto sorbirsi dalla presidente del Consiglio una linea economica fatta di lacrime e sangue come il suo predecessore alla presidenza del Consiglio e una linea diplomatica appiattita sui desiderata di Bruxelles.
Che gli elettori non sprizzino felicità si scorge tra i commenti sui social della presidente, quando non sono prontamente moderati. Stesso discorso per la guerra in Ucraina: a destra c’è un folto gruppo di italiani convinti che nella Russia di Putin ci siano i valori che andrebbero ripristinati in Occidente. Delusi anche loro.
Poi ci sono gli evasori, quelli che Meloni e i suoi ministri stanno accarezzando fin dalla prima ora dell’insediamento. La tarantella sul Pos si concluderà con una cifra ben inferiore ai 60 euro promessi in questi giorni. Nelle stanze di Palazzo Chigi si sussurra che la leader di Fratelli d’Italia vorrebbe chiudere a 30 euro ma non c’è troppo ottimismo. E se è vero che nei 60 euro rientra la stragrande maggioranza dei pagamenti elettronici dei piccoli commercianti con una cifra molto inferiore il numero delle operazioni possibili si riduce drasticamente. E non saranno contenti, no.
Stesso discorso per il condono: in campagna elettorale Meloni e Salvini lasciavano intuire di voler predisporre una “pace fiscale” (da quelle parti il condono lo chiamano così) che risolvesse le sofferenze della pandemia. Nulla di fatto. Si parla di cartelle esattoriali dal 2010 al 2015 sotto i mille euro.
Troppo distanti dai 10mila euro ventilati in campagna elettorale, troppo lontani negli anni. Troppo lontani i tempi del condono tombale di Berlusconi che con pochi spicci azzerava tutte le posizioni con il fisco. “Non ce lo permette l’Europa”, dicono i parlamentari eletti nei loro territori. E così si ricomincia: “Schiavi dell’Europa” e così via.
Stesso discorso per chi con Giorgia Meloni sperava nelle frontiere chiuse e nei colpi di cannone contro i migranti. Dopo lo sprint iniziale del ministro Piantedosi (bacchettato dall’Europa e soprattutto dal diritto internazionale) anche l’immigrazione diventerà solo una questione di narrazione.
C’è poi la flat tax molto più sfumata del previsto, le accise della benzina sono addirittura aumentate, ci sono gli odiati tedeschi e francesi che avrebbero dovuto essere “rimessi a posto” e invece sono lì a dettare le condizioni. Il bramato attacco all’aborto si è ridotto a un paio di slogan durati per qualche giorno.
Poi ci sono i no vax, che nella Meloni vedevano l’occasione della loro seconda Norimberga e che, anche nel loro caso, si devono accontentare di risparmiare qualche euro di multa. Doveva essere un rivoluzione e invece è solo una furba presa del potere. Finché dura.