Sconcerto e rabbia albergano tra i Cinque Stelle spiazzati dalla decisione del premier di accelerare sul dossier Tav con un sì che suona come un alto tradimento ai valori identitari del Movimento. La deadline del 26 luglio entro cui i governi di Italia e Francia devono comunicare la propria posizione all’Inea, l’agenzia Ue che si occupa di infrastrutture, era nota a tutti. E fino alla fine si sperava nella richiesta di un’ulteriore proroga. Ma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ieri, nel corso del question time alla Camera ha ribadito quanto detto martedì gettando nello scompiglio il M5S: “Fermare l’opera sarebbe più svantaggioso che realizzarla”.
Poco importa che il contratto di governo prevedesse una ridiscussione integrale del progetto o che una commissione di tecnici si fosse espressa negativamente. Poco importa, infine, che il 7 marzo il premier stesso, nel corso di una conferenza stampa, avesse detto che se fosse stato chiamato a valutare l’avvio di questo progetto lo avrebbe indirizzato in maniera diversa, impiegando in modo più funzionale, nell’interesse del nostro Paese, le relative risorse finanziarie. “Non siamo riusciti ad ottenere la ridiscussione dell’opera – si difende Conte – e questo a causa della ferma decisione della Francia di proseguire”.
A questo punto a bloccarla potrebbe intervenire solo una decisione unilaterale del Parlamento. “Che avrebbe – però avverte il premier – costi ingenti per le casse dello Stato e quindi chiare ripercussioni negative”. Quel Parlamento alla cui responsabilità si appella il capo politico dei Cinque stelle, Luigi Di Maio: “M5S resterà coerente e sempre no Tav” (leggi l’articolo). Ma il passaggio in Aula è un pannicello caldo, i grillini lo sanno bene: un modo per lasciare memoria scritta del no M5S. Il voto finale è scontato: la maggioranza dei gruppi è favorevole all’opera.
I pentastellati non si arrendono: il rischio è che si preparino, soprattutto al Senato dove i numeri ballano, a fare le barricate. Significativo è stato il segnale inviato ieri a Palazzo Madama al premier. Molti senatori grillini sono usciti dall’Aula nel momento in cui ha preso la parola sul caso dei presunti finanziamenti russi alla Lega. Benché poi abbiano precisato che è stato per protestare contro l’assenza del ministro Matteo Salvini, si sa che i malumori per l’affaire Tav hanno giocato la loro parte. Conte viene additato da molti pentastellati come “il premier del sistema”.
La Tav è il suo primo errore politico, sostiene Fabiana Dadone, deputata e probivira del M5S. All’attacco i senatori grillini Nicola Morra (“Senza valori siamo privi di identità”) e Alberto Airola (“A dimettersi dovrebbero essere tutti gli altri 5 Stelle, non io che sono rimasto coerente”). Mentre Roberta Lombardi invita il M5S a chiedersi se non sia il caso di rinunciare a fare la stampella della Lega e “riprendere la nostra identità”. Smarrimento e frustrazione tra i grillini piemontesi che in una nota invocano il rispetto del contratto di governo e dell’analisi costi-benefici. Mentre la sindaca di Torino Chiara Appendino ha detto di aspettarsi che in Parlamento il Movimento sia coerente anche se è cosciente che non ha preso il 51% . Gongola il leader della Lega che infierisce: “Il no del M5S alla Tav è contro il buonsenso”. Promette battaglia il movimento No Tav che annuncia per sabato prossimo un corteo con migliaia di partecipanti verso il cantiere di Chiomonte.