Il governo Meloni ha un serio problema di comunicazione, in tutti i sensi. Non si tratta solo delle figuracce collezionate fin qui, a partire dalla più recente del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che si è incartato sul diritto di provare a salvarsi, roba ritenuta indecente perfino da parlamentari della maggioranza che se lo scrivono di nascosto nelle chat di gruppo e che ha fatto rizzare i capelli in testa anche alla Chiesa. Non contento Piantedosi si è incartato di nuovo promettendo di “andare a prenderli”, provocando le ire di Matteo Salvini, come raccontano quelli che gli sono vicini e infine con l’audizione di ieri.
I portavoce del governo Meloni che hanno sbattuto la porta sono già quattro. Ma le gaffe sono tutte dei ministri
Ma non è solo Piantedosi. Il ministro Giuseppe Valditara è campione di figuracce tra lettere alle scuole in cui riscrive la storia e attacchi sconsiderati agli insegnanti che si permettono di non essere d’accordo con lui. Anche nel suo caso all’interno della maggioranza sono in molti a credere che i modi, al di là dei contenuti, avrebbero potuto essere “più intelligenti”, come dice un senatore leghista.
Sulle brutte figure del ministro alla Giustizia Nordio si potrebbe già scrivere un piccolo libro
Sulle brutte figure del ministro alla Giustizia Carlo Nordio si potrebbe già scrivere un piccolo libro: dai numeri sulle intercettazioni dati a casaccio e smentiti dal suo stesso ministero fino alla all’imbarazzo provocato dalla sua disordinata difesa di Donzelli e Delmastro. Ma c’è un problema di comunicazione serissimo anche negli staff. Fino ad ora siamo al ritmo di una dimissione al mese.
I portavoce del governo Meloni che hanno sbattuto la porta sono già quattro. Gerardo Pelosi (che si è separato dal ministro per le Imprese, Adolfo Urso che ha perso anche la responsabile della sua segreteria, Valentina Colucci), Marco Ventura (che ha lasciato la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ancor prima di iniziare l’incarico) e ieri il record di due dimissioni in un solo giorno: Marina Nalesso ha detto addio al suo posto al fianco del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e Giovanni Sallusti è scappato dall’incarico di portavoce del ministro dell’Istruzione e del merito, Valditara.
I motivi ufficiali, per tutti, sono sempre gli stessi: “motivi famigliari” viene riportato dalle agenzie di stampa ufficiali ma quelle giustificazioni puzzano come quelle del libretto quando si andava a scuola. Si sa di certo che il ministro Urso ha litigato furiosamente per un annuncio troppo frettoloso sull’accordo con i benzinai. Si può facilmente intendere anche che l’addio di Sallusti arrivi proprio in concomitanza con l’annunciata punizione della preside fiorentina che aveva scritto una lettera in cui denunciava il pestaggio squadrista e che il ministro Valditara ha fieramente sventolato alle agenzia di stampa.
A questo si aggiunge “l’affare Sechi” che agita le acque in Fratelli d’Italia. Il giornalista direttore dell’Agi due giorni fa ha trascorso ben due ore nell’ufficio di Giorgia Meloni che lo avrebbe voluto come portavoce ma a Palazzo Chigi raccontano di una Meloni furiosa perché in Fratelli d’Italia non sono d’accordo. Lo stesso nervosismo che ha colto Salvini quando ha saputo che Sechi starebbe anche curato la sua “successione” alla direzione dell’agenzia di stampa dell’Eni.
Mario Sechi ieri è stato nominato capo ufficio stampa di Palazzo Chigi
Alla fine Mario Sechi (nella foto) ieri è stato nominato capo dell’ufficio stampa. Ci sarebbe poi da sistemare anche Giovanna Ianniello, indicata sul sito istituzionale come coordinatrice della comunicazione istituzionale. L’idea sarebbe di spostarla alla comunicazione del nuovo presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ma anche qui le cose si complicano visto che il neo presidente vorrebbe tenere con sé i suoi giornalisti fidati con cui ha lavorato per anni alla Croce Rossa.
Intorno si sussegue una ridda di nomi che passa da Daniele Capezzone (che avrebbe rifiutato più volte) e due nomi, di Libero e Corriere. Una cosa è certa: fino a qui la comunicazione politica è stata talmente disastrosa che si fatica a trovare qualcuno disposto a intestarsela nonostante il prestigio del ruolo. E questo, a pensarci bene, è anche un dato politico.