di Vittorio Pezzuto
«Le piace Pirlo? È uno che, prim’ancora di ricevere palla, ha in testa due-tre opzioni su come giocarla e a chi passarla. È quello che dovremmo fare tutti noi. In queste ore vedo invece troppe persone concentrate sull’oggi, sul minuto per minuto, che si abbeverano al retroscena di giornata, quando invece dovremmo proiettarci un po’ in avanti». Appare sinceramente preoccupato Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera. E ad angustiarlo non sembrano tanto le sorti del governo quanto quelle di un Paese stremato, che dalla squadra di Enrico Letta si attende un gioco d’attacco e non una stucchevole melina. «Leggo dai giornali di un rapporto Mediobanca in cui si parla di seri rischi nei prossimi sei mesi. So che nei prossimi giorni il Tesoro deve emettere titoli per 18.5 miliardi, e non so a quali condizioni. E vedo che lo spread risale a quota 300…». Uno scenario a tinte fosche, che andrebbe scongiurato con quello shock sull’economia che Silvio Berlusconi aveva invocato a gennaio-febbraio: «A ben vedere, al di là dei singoli punti della sua campagna elettorale (Imu, Equitalia, Iva, ecc), qual era il tema di fondo, la sfida vera? Quella di una frustata positiva, di un “volta pagina” psicologico, in primo luogo diretto al rilancio dei consumi. Siamo un Paese in cui nell’ultimo anno la domanda interna è precipitata. E su tutti i beni tipici (auto, abbigliamento, elettrodomestici) registriamo il dimezzamento dei dati già magri dell’anno precedente». E allora? «E allora ci voleva e ci vuole una scossa. Un superalleggerimento fiscale per tutti: lavoratori, famiglie, imprese. Solo così puoi rilanciare i consumi e una dinamica che altrimenti è da elettroencefalogramma piatto». Per Capezzone la recente sortita di Berlusconi sull’Europa va valutata proprio in questa chiave: «Non si tratta di una polemica di bandiera ma di un’esigenza vera. In questo sposo in toto la tesi di Alesina-Giavazzi, che è poi la nostra: occorre sforare il vincolo del 3% del deficit, non per tornare a spendere ma proprio per tagliare le tasse. E invece qui da noi (purtroppo governo incluso) mi pare che siamo a un dibattito su aspirine e tisane. Un rinvio di qua, uno spostamento di là, uno zero virgola qui, un altro lì… E la tentazione, quando si agisce positivamente per togliere una tassa, di inserirne un’altra (più o meno occulta) da qualche altra parte». Esempi? «Nel decreto Ristrutturazioni c’è un doppio aumento Iva (sulle bevande da macchinette distributrici e sui gadget dei prodotti editoriali); nel decreto Fare ho scovato e denunciato un aumento dell’accisa su benzina e gasolio; ora, per coprire l’Iva, sento parlare o di miniaumenti di sigarette e alcoolici (roba da vecchio governo balneare) o, peggio ancora, di aumento dell’acconto Irpef. Lo dico con chiarezza: sono tutte cose sbagliate e, peggio ancora, deludenti. Scherzando, posso dire che ho installato qui un “tax detector”, che funziona come il metal detector: appena spunta una tassa, il detector suona…». Capezzone storce il naso anche sul decreto Lavoro: «Siamo lontanissimi (per la platea coinvolta e per le modalità scelte) da quella detassazione totale per i nuovi assunti che avrebbe potuto determinare i numeri necessari a una vera scossa positiva sul terreno occupazionale».
Palla gol in Commissione Finanze
Sembra di ascoltare un esponente dell’opposizione. «E invece no. Pur appartenendo (leggo sui giornali) alla categoria ornitologica dei falchi, cerco di lavorare in positivo. L’unica vera palla gol per il governo l’abbiamo costruita in Commissione Finanze, con un mio impegno personale enorme che ha trovato il consenso unanime di tutte le forze politiche: mi riferisco alle nuove norme su Equitalia che il governo, dopo qualche riflessione, ha potuto fare proprie. Eppure tutto questo non è certo sufficiente. Serve il senso della svolta. Altrimenti, se restiamo al bricolage, alla gestione dello status quo, alla manutenzione del declino, che ci stiamo a fare?».
Impossibile non parlare del leader del Pdl e degli effetti esiziali sull’esecutivo che avrebbe una sua condanna definitiva, con annessa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. «Anche qui – osserva Capezzone – è in gioco molto più del destino del cittadino Berlusconi: abbiamo a che fare con i fondamenti della democrazia. Vi pare normale che si cerchi di buttare fuori dalla politica un signore che ha preso 10 milioni di voti? E sarebbe questa la cosiddetta “pacificazione”? Non vorrei che quando si evoca questo termine si pensi sic et simpliciter a Piazzale Loreto. Perché allora non ci intendiamo proprio. Se qualcuno pensa che resteremo inerti, si sbaglia di grosso…».