Dopo i veleni del caso Palamara, la riforma del Csm non può più essere rimandata. Lo sa bene il guardasigilli Alfonso Bonafede che, deciso a rivoluzionare l’organo di auto governo delle toghe per sottrarlo al controllo delle correnti, in queste ore ha definito un programma di appuntamenti con tutte le parti coinvolte in quella che si preannuncia come una riforma epocale. Prima gli incontri con la maggioranza, poi quelli con le opposizioni e, venerdì, quello con l’Anm e con l’Unione camere penali. Insomma un calendario che non lascia nulla al caso e che, proprio come chiesto dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, deve portare ad una condivisione su tempi e modi con cui rivoluzionare il Consiglio superiore della magistratura. Peccato che a pensarla diversamente sono le opposizioni che a parole dicono di voler partecipare alla riforma ma che nella realtà sembrano trovare scuse e ostacoli di ogni genere per impedirla. Proprio quanto successo ieri al termine del primo incontro tra il guardasigilli, il ministro Federico D’Incà (nella foto) e i partiti di minoranza. Un vertice al termine del quale il responsabile del dipartimento giustizia di Forza Italia, Enrico Costa, ha chiesto a Bonafede di “non agire a colpi di maggioranza” e di “accogliere le proposte che l’opposizione gli ha sottoposto”. Parole che hanno sorpreso Bonafede che si è detto “stupito nell’apprendere che secondo quest’ultimi avrei fatto proposte irricevibili” in quanto, in realtà, l’incontro è stato “all’insegna dell’ascolto e del confronto”.
24/11/2024
20:07
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