L’unica certezza a oggi è la proroga del taglio delle accise sulla benzina. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, e il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, hanno firmato il decreto interministeriale che proroga fino al 5 ottobre il taglio di 30 centesimi al litro per benzina, diesel, gpl e metano per autotrazione. Ma per il resto, ovvero per la messa a terra degli interventi che dovrebbero consentire a imprese e famiglie, schiacciate dal caro-bollette, di rifiatare, il Governo naviga a vista.
I Migliori non sanno dove reperire le risorse necessarie per finanziare le misure contro il caro-bollette
Il problema è che i Migliori non sanno dove reperire le risorse necessarie per finanziare le misure contro il caro-bollette. La cosiddetta tassa sugli extraprofitti, come ha denunciato il leader del M5S, Giuseppe Conte, è scritta malissimo e presta il fianco ai ricorsi che hanno già cominciato a fioccare. Con il risultato che le imprese hanno versato a titolo di acconto del 40% solo 1 miliardo. In totale sono oltre 10 i miliardi previsti di gettito.
Il Governo intende riformulare la norma sugli extraprofitti per cercare di incassare, almeno in parte, il contributo straordinario
Non a caso il Governo si appresterebbe a riformulare la norma per cercare di incassare, almeno in parte, il contributo straordinario previsto dalle imprese energetiche. La speranza è che alla scadenza di ieri le aziende abbiano deciso di mettersi in regola per evitare la sanzione al 60% che scatta da oggi. Nel frattempo l’Eni ha comunicato di aver “rideterminato” da 550 milioni a “circa 1,4 miliardi di euro” l’ammontare dovuto e aver quindi proceduto a versare una “integrazione del versamento dell’acconto” pari a 340 milioni di euro.
Quei 9 miliardi che mancano al Governo dal prelievo sugli extraprofitti servono come il pane. Anche considerando che i tecnici del Senato hanno messo in discussione le coperture previste nell’ultimo decreto Aiuti bis da 15 miliardi, varato all’inizio di agosto, col rischio che si venga a creare un buco nei conti.
Ad ogni modo per una ricognizione precisa delle risorse disponibili a oggi, determinanti per definire i nuovi interventi contro il caro-bollette, bisognerà attendere ancora qualche giorno quando si conosceranno anche i dati sulle entrate tributarie di luglio e agosto e si avrà una definizione precisa del gettito della tassa sugli extraprofitti. A cui si potrebbero poi aggiungere fondi recuperati attraverso il travaso di alcuni accantonamenti di bilancio.
Si ragiona su una dote di partenza comunque di circa dieci miliardi. Fonti di governo precisano che l’eventuale nuovo intervento non entrerà sotto forma di emendamento nel dl Aiuti bis ora all’esame delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato, come finora ipotizzato, ma in un decreto che avrà vita autonoma. Diverse le misure allo studio. La priorità verrebbe data alle imprese gasivore e in particolare alle filiere produttive che maggiormente utilizzano il gas.
Si studiano crediti d’imposta e bonus ad hoc per pagare il gas e forniture dello stesso a prezzo calmierato. E ancora: la cassa integrazione gratuita per le imprese costrette a fermare o rallentare la produzione, il potenziamento della rateizzazione delle bollette, nuovi interventi sugli oneri di sistema e sull’Iva.
Intanto il grido di allarme delle imprese non si arresta. Da qui ai primi sei mesi del 2023, sono a rischio circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro, dice la Confcommercio.
I sindacati sono sul piede di guerra. Con l’inflazione che, secondo le stime preliminari Istat, “balza ad agosto all’8,4%, le chiacchiere non servono. Il decreto Aiuti bis mette risorse inadeguate per i lavoratori e i pensionati: c’è bisogno subito di un intervento urgente per tutelare salari e pensioni già impoveriti”, afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Quando mesi fa abbiamo chiesto interventi immediati gli altri pensavano a investire sulle armi”, taglia corto Conte.