DJ tra i più noti in Italia, sia in radio che in discoteca, produttore discografico, una vita con la musica: Mario Fargetta si racconta.
Gli anni ‘90 sono stati magici per la radio e il mondo musicale che ruotava intorno. Che emozioni ti sono rimaste?
“Emozioni uniche, di un successo che è partito da Radio Deejay con il nostro Deejay Time. Con un amore da parte del pubblico che ancora oggi riscontro. Quando abbiamo iniziato a fare il programma mettevamo le canzoni che ci piacevano e che nessuna radio passava perché secondo gli altri erano brani immettibili. Ma noi andavamo a sensazione. Poi dalle classifiche ci siamo accorti che i nostri brani arrivavano in alto, fino al numero uno. Così ci rendemmo conto della grande rilevanza del nostro lavoro nell’ambito discografico e delle classifiche in Italia. All’inizio Albertino e io eravamo due ragazzini che si divertivano a fare un programma alla radio, ci facevamo i complimenti a vicenda. Albertino perché riusciva sempre a parlare a tempo con la musica e prendeva sempre le entrate, lui è molto tecnico. E io perché, tecnico pure, mixavo e facevo entrare le canzoni a tempo. Lui rimaneva stupito e si gasava perché manteneva il ritmo della voce sempre alto, non mollava mai. Il programma non aveva mai delle pause, era sempre ritmato perché le canzoni erano tutte mixate e facevamo tutto live”.
Tra i tanti artisti con cui hai lavorato e i brani che hai remixato quali consideri centrali nella tua carriera o a cui sei più legato?
“Prima di fare delle mie produzioni ho fatto dei remix. Solo dopo ho inciso la mia prima traccia: ‘The Music is Movin’. Così come ricordo il remix che realizzai in radio, con le bobine perché non avevo uno studio. Era il remix di ‘Hanno ucciso l’uomo ragno’ degli 883. Presi un groove di un altro brano, gliel’ho poggiato sotto e ho mischiato registrandolo dal nastro. Un altro remix che ricordo con piacere è quello di ‘Canzone’ col grande Lucio Dalla. Per conoscerlo andai a Bologna a teatro dove stava provando. Poi lui passò dallo studio dove stavamo finendo il remix e ci fece una correzione, cambiando il giro di pianoforte che avevamo usato. Punto focale della mia carriera è poi il momento in cui ho iniziato a incidere i primi brani, cercando uno stile per le mie produzioni. Sono legato a ‘Music’, il mio secondo brano, perché l’originale di John Miles è un capolavoro, a ‘Feel It’, numero uno in Inghilterra e poi a ‘Shining Star’ per il successo che ha ottenuto e per la tournée mondiale che mi ha fatto fare”.
Che sensazione è stata vedere che tuoi dischi avevano successo anche all’estero?
“Bello perché becchi un altro pubblico. Noi abbiamo tanta popolarità in Italia per la radio, ma quando ho messo il naso fuori mi sono accorto che c’era un altro tipo di pubblico che non ascolta la radio: ascolta la musica”.
Dopo tantissimi anni a Radio DeeJay il passaggio a M2o. Come lo vivi?
“La vivo benissimo. Siamo una Radio in crescita, sto sempre con il mio gruppo storico, soprattutto con il mio amico Albertino che è il direttore artistico. La differenza è che M2o tratta musica dance e c’è poco parlato, mentre Radio Deejay lascia molto più spazio alla conduzione oltre che alla musica. Il pubblico al quale si rivolge M2o è giovane ma non giovanissimo, perché i più giovani ascoltano un altro genere di musica, sono proiettati sulla trap, hanno il mondo di Spotify. Le radio comunque reggono. Un programma come il nostro “Albertino everyday” impone delle tracce che le altre emittenti non hanno il coraggio di mettere perché vanno sul sicuro con le hit. Noi invece proponiamo delle canzoni che potrebbero essere delle hit sia in classifica che nei club. Osiamo, secondo il nostro gusto. Abbiamo anche un po’ di esperienza per riconoscere se una canzone è un po’ più bella delle altre”.
Come vedi musicalmente il mondo della dance in questo periodo?
In completo sviluppo ed evoluzione. Ci sono tantissimi generi, non ci sono più regole, bisogna fare una bella canzone e se c’è un’idea ancora meglio. La qualità delle produzioni sicuramente si è alzata, siamo ormai a un livello altissimo per qualità e suono, bisogna avere cantanti bravi, professionisti, ma ce ne sono molti in giro, c’è solo l’imbarazzo della scelta”.