Un esperimento televisivo e sociale porta indietro nel tempo un gruppo di ragazzi, catapultandoli tra le mura di un severo collegio del 1968, anno speciale, anno di subbugli e cambiamenti rivoluzionari. È tornato in onda su Rai due per il terzo anno consecutivo “Il Collegio”: diciotto adolescenti tra i tredici e i diciassette anni vivono per quattro settimane lontani da casa, ma soprattutto lontani da cellulari, social e connessioni varie. E già questo, se è vero che oggi i ragazzi vivono più di tecnologia che di ideologia, suona terribile alle loro orecchie. Se si aggiungono, poi, lo studio di materie come il latino, i voti e la rigida disciplina imposta da professori, preside e compagnia bella, allora l’incubo si compie del tutto. Per l’appunto, disciplina e rispetto delle regole sono il cuore del programma, dal momento che è proprio ciò che tende a scomparire nel sistema educativo e scolastico attuale.
Per gli studenti questa diventa così una sfida a tutto tondo: abituati a vivere in simbiosi con cellulari e social, perennemente iperconnessi, con la disponibilità di un clic che può portarli ovunque, oggi si relazionano protetti da una tastiera, da uno schermo, si nascondono dietro ad un like o ad una chat. E si sentono al sicuro e liberi. Eppure sembrerebbe che di tutta questa libertà, ottenuta a suon di lotte in piazza dalle passate generazioni, le nuove leve non sappiano più bene cosa farsene. È troppa. E allora il programma diventa un fenomeno di costume fra i giovanissimi, tanto da essere il più visto dai ragazzi.
Un successo che fa pensare, perché il rispetto dell’educazione e di ruoli apparentemente anacronistici sembra quanto di più lontano possa esserci per un reality di tendenza . Al di là della visibilità derivata dall’apparire in tv, se questa trasmissione sta funzionando così bene e piace, è perché rappresenta un’esperienza educativa di formazione e di relazioni molto diversa e lontana dalla realtà quotidiana che i ragazzi vivono di solito. Forse, dunque, è necessario porsi una domanda, perché i giovani stanno cercando di dire qualcosa. Ferrea disciplina, regole, divisa pulita, punizioni e divieti. Di questo sentono la mancanza i teenagers? Vogliono mettersi alla prova, capire se riuscirebbero a farcela in un sistema di scadenze e di adulti rispettosi che comunicano autorevolezza.
Ecco, potrebbe essere questo il nocciolo della questione: la comunicazione con qualcuno che li guidi verso ciò che si può fare e verso ciò che non si può. Certo che se tutto questo è stato racchiuso in un reality significa che certe cose si possono vedere soltanto in televisione di martedì sera. Come un gioco. Ormai.