di Alessandro Barcella
Se il Parlamento toglie, devono pensarci i fedeli a mettere. Sempre che siano disposti a farlo. Momenti concitati alla Veneranda Fabbrica del Duomo, ente morale di diritto ecclesiastico che gestisce il patrimonio della Basilica milanese. All’appello mancano infatti i 4 milioni di euro, da destinare alle opere di manutenzione, che avrebbero dovuto essere inseriti dal Governo Monti nell’ultimo decreto milleproroghe. A “stoppare” i fondi il Senato della Repubblica dietro indicazioni del Presidente Giorgio Napolitano, che aveva chiesto di non inserire nel testo del decreto emendamenti estranei al senso stesso della norma. I tempi sono stretti per il presidente della Veneranda Fabbrica, quell’Angelo Caloia per vent’anni a capo della banca vaticana, lo Ior: il prossimo 4 novembre si inaugura il “Nuovo Grande Museo del Duomo” e mancano ancora 18 dei 30 milioni di euro necessari.
A tutto marketing
Ecco allora l’idea di spingere sulla resa economica del gioiello del gotico internazionale, visitato ogni anno da centinaia di migliaia di fedeli. L’ultimissima novità è il braccialetto per fotografare in tutta libertà. E’ un cartello multilingue a spiegarne il senso: “Il braccialetto autorizza a scattare foto all’interno del Duomo per uso personale e senza cavalletto. Puoi acquistare il braccialetto all’ingresso Nord del Duomo”. Il costo? Due euro. Un’assoluta novità dicevamo, un servizio compreso (per i gruppi) nel costo del noleggio dell’audioguida (5 euro). Ma l’accellerazione commerciale subìta dal Duomo in questi ultimi mesi non si ferma qui. All’interno delle navate si vanno moltiplicando quelle che chiameremmo “occasioni di spesa”. Accanto al braccialetto e all’audio-guida troviamo infatti alcune postazioni di recente installazione. Si tratta di totem video-guide turistiche, che al costo di 2 euro forniscono spiegazioni ed immagini sulla storia e le particolarità della Cattedrale. L’azienda che li fornisce, D’Uva workshop, parla di “chioschi informativi” presenti nelle principali basiliche italiane (da San Marco a Venezia alla romana San Giovanni in Laterano). Altra possibilità, altra spesa: all’ingresso del Duomo, accanto al fonte battesimale, i cartelli che propongono la visita al battistero paleocristiano, alle terrazze e al tesoro. Un tour disponibile singolarmente o con biglietto cumulativo e servizio ascensore, al costo di 13 euro. Un costo, va detto, recentemente ritoccato verso l’alto e modificato manualmente, sui cartelloni, attraverso un pennarello.
Sono pochi, al momento, i turisti che si lasciano convincere dall’idea di acquistare il braccialetto, intenti come sono a cercare di aggirare il divieto, scattando fotografie con iphone o ipad. Proseguendo all’interno del Duomo, sul lato est guardando l’altare, c’è poi una vera e propria piccola bottega dell’arte sacra. Si tratta di una specie di piramide trasparente, all’interno della quale è possibile acquistare articoli religiosi vari e guide in lingua. Accanto, quasi al centro della navata principale, una teca trasparente: “Vivilduomo”, indica una scritta, che invita alla donazione libera per “contribuire alla conservazione” della Basilica.
L’albo digitale donatori
Sul sito web della “Fabbrica” (ente dipendente dal Ministero degli Interni che nomina 5 dei 7 componenti del Consiglio) prosegue, instancabile, l’opera di ricerca di fondi. Il patrimonio da tutelare è immenso: 11.700 mq di superficie interna, 3.400 statue, 200 bassorilievi, 55 vetrate, 135 guglie e 96 doccioni. “Invitiamo ad “Adottare una Guglia” e a unire il proprio nome, quello della propria famiglia o della propria azienda a una delle 135 guglie del Duomo” – si spiega in home page. Venticinque milioni di euro sono i soldi, previsti dalla Fabbrica, per completare gli interventi strutturali più urgenti sulla Guglia Maggiore e tutte le altre. La soluzione? Diventare “grandi donatori”, staccando un assegno da 100mila euro in su o aderire alla “campagna di sottoscrizione collettiva”, con inserimento del nominativo in un Albo digitale dei donatori. E in questo modo, da settembre ad oggi, sono stati raccolti circa 2 milioni di euro. Che si inseriscono all’interno dei 30 milioni già ricevuti dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, da soggetti pubblici e privati.
Eppure la Curia milanese ha un suo “tesoretto”
Di un buon cristiano, impegnato nel lavoro e nella pratica evangelica, si usa dire sia “tutto casa e chiesa”. All’Arcidiocesi di Milano, almeno a giudicare dai numeri, la casa riveste una sua importanza non secondaria.
Parliamo dell’importante patrimonio immobiliare ad essa riconducibile, per le funzioni pastorali quanto per quelle più prosaiche. I primi dati che raccontiamo sono quelli legati all’attività dell’IDSC, ovvero l’Istituto per il Sostentamento del clero e della Diocesi di Milano. Le ragioni statutarie di questo ente, istituito nel gennaio 1986 a seguito del Concordato di due anni prima, sono chiare: gestire le proprietà ad uso non pastorale e sostenere i sacerdoti nelle proprie necessità economiche.
“Beneficiari delle provvidenze dell’IDSC sono anzitutto l’Arcivescovo ed i Vescovi ausiliari, poi tutti i sacerdoti diocesani o religiosi cui l’Arcivescovo affida un incarico nella Diocesi, in qualità di parroci, vicari, insegnanti, addetti di Curia o altro”, si spiega nella home page del sito dell’istituto. Ecco allora che l’IDSC provvede a questo compito attraverso un ricchissimo ed articolato paniere di proprietà immobiliari.
I beni “secondari”
Una vera e propria holding dunque, che si è affidata alla società di consulenza Praxi per censire e valorizzare i propri beni. Ed è proprio attraverso le informazioni fornite da Praxi che riusciamo ad avere un primissimo quadro delle dimensioni di questo “tesoretto”.
Stiamo parlando ancora delle sole proprietà ad uso non pastorale, ovvero di quelle non legate alle attività proprie della Curia: oltre 22.000 mappali di catasto terreni e più di 6000 particelle di catasto urbano.
I soggiorni della diocesi
Ma la gestione immobiliare dell’Arcidiocesi di Milano va ben oltre questo primissimo paniere di beni. Se infatti passiamo ad analizzare le proprietà destinate strettamente all’attività pastorale (ma limitandoci alle sole case per vacanza), ci addentriamo in una fittissima rete di interessi, amministrati in autonomia, in cogestione o anche solo proposti sotto il cappello curile (ma non di proprietà). Di questi beni si occupa il “Servizio Diocesano per la Pastorale del Turismo”, guidato da Don Massimo Pavanello.
L’elenco è davvero sterminato e i numeri che vi forniamo sono arrotondati per difetto. Sono 37 le case vacanza per anziani e famiglie, per un totale di 2288 posti letto. Una seconda sottocategoria, ancora più ricca di beni, è quella delle case vacanze aperte a tutti. Sessanta di queste si trovano in località di montagna (e forniscono circa 3593 posti letto), ventisei al mare, per un totale (sempre conteggiato per difetto) di 2160 posti letto.
Spazio anche per la collina ( 430 posti all’interno di 7 case vacanza) e il lago e le città d’arte (per un monte complessivo di 7 immobili e 277 posti letto).